Il problema del vaccinocentrismo

Simone D'Aurelio

(5 min. lettura)

Dopo oltre due anni da inizio pandemia sembra difficile ma è così: abbiamo rinchiuso tutta l’Italia all’interno di un tornado vaccinocentrista. Per questa parola intendo un assunto, una petizione di principio, un modo di ragionare a priori, una filosofia (errata), uno stile di vita, che è stato preso per buono dalla maggior parte dei media di regime e del mondo mainstream, con un bombardamento forsennato e graduale, che ripete in realtà un solo ritornello:  “there is no alternative”, non c’è alternativa, il vaccino è l’unica soluzione per vivere, anzi per tornare a vivere, per poter gestire la pandemia, per avere in modo agevole il green pass, e se non ci vacciniamo tutti non potremmo mai più avere libertà. Ma è davvero così? Il problema è proprio questo, in qualsiasi locale, nella nostra camera da letto, nel nostro ufficio, all’interno del nostro posto di lavoro, nel supermercato, al bar, ovunque ci raggiunge tramite il mainstream l’urlo a squarciagola dei vip, delle virostar, dei giornalisti, dei conduttori tv, dei politici:  “vaccino vaccino vaccino, bisogna vaccinarsi, è l’unica arma!”. Ma questo discorso non è nient’altro che un assunto, una presa di posizione tutt’altro che scientifica, e anti filosofica. Infatti prima di gridare a tutti il mondo, prima di arrivare a comunicare in qualsiasi secondo del giorno che il vaccino è l’unica salvezza, le varie virostar, vip, giornalisti, politici e compagnia cantante dovevano probabilmente porsi delle domande.

1 La gestione della pandemia passa per forza col vaccinocentrismo? Ovvero esso è per forza l’unica arma disponibile o forse tutta la pandemia può essere gestita in modo migliore dato che abbiamo altre risorse?

2 Come mai si arriva a ristrutturare totalmente tutta la società asfaltando economia, rapporti sociali, assetto lavorativo, l’istruzione, le nostre vite professionali, private e collettive intorno a un virus? Questo assetto bellico che ha richiesto una devastazione forse poteva essere (e può continuare ad essere) evitato? Prima di riformare tutta la società su un virus si può vedere di gestire il virus nella società, forse prima di sognare i zero contagi si può pensare a una convivenza fattibile con contagi controllati in modo esperto.

3 La corsa vaccinocentrista a quali risultati ha portato? Oltre a tutte le valanghe di frottole sparate su molti giornali, vediamo che c’è stata una corsa, con una vera illusione paventata dalle virostar, ovvero che l’unica cosa che si può fare è correre verso il vaccino.Passiamo dal vaccino “consigliato”, al “fortemente raccomandato”, fino al dover vivere solo grazie al vaccino; si passa dall’ammonire chi non si vaccina, fino ad arrivare ad augurare la morte dei no-vax, a volergli far fare la vita dei sorci, a volerli tagliare fuori dalla società. Si guarda un’Italia che va dal vaccinare i soggetti fragili (anziani e pluripatologici) agli adulti (che prima non erano oggetto di interesse per la campagna) fino a poi arrivare agli adolescenti che non erano importanti, per poi rimbalzare sui bambini e tra poco arriviamo ai feti (fino a pochi mesi prima tutte le virostar li ritenevano inutili per la campagna vaccinale), e mentre passiamo dall’obiettivo 60% poi arriviamo al 70% poi alla famosa “immunità di gregge” (della cara Scienzah), sconfessata dalle stesse virostar in seguito, ma si punta lo stesso all’80% di vaccinati, poi al 90% e adesso al 95%. Prima per essere al sicuro si doveva vaccinare tutta l’Italia e quindi il problema erano i no-vax nostrani ed erano loro il vero nemico, poi lo sono diventati i non vaccinati dell’Europa, dopodichè allo stesso modo lo è tutta l’Africa, e poi tutto il mondo. Tutto questo pensiero rappresenta una corsa sfrenata ai vaccini, sotto ogni tipo di prospettiva, in modo lento e graduale sotto ogni aspetto, ma nonostante molti italiani e uomini di tutti il mondo hanno scelto di vaccinarsi volontariamente (per scelta personale, o per situazione di difficoltà dovuta al green pass e simili) ci si ritrova di fronte a una realtà che sconfessa ciò che era stato detto, ogni volta una promessa (“facciamo questo e salviamo il Natale”, “facciamo ciò e salveremo la Pasqua”, “durerà solo due settimane”), ogni volta un nuovo sforzo, ogni volta una nuova dose, ogni volta viene preventivato che questa iniezione rende immune. Ma la realtà è che anche in questo inverno (2021-2022), lo stesso ci siamo ritrovati  moltissimi contagi tramite la variante Omicron, non è stata raggiunta la famosa immunità di gregge, non c’è stato quel tanto decantato miracolo, il bilancio di questo metodo è stato disastroso. Si è scelto di sacrificare la vita sociale, inserendo un green pass che decide tra la vita e la morte, sovvertendo tutto l’ordine  economico, lo stile di vita, con le virostar che ci danno indicazioni su tutto, dal far sesso per massimo 15 minuti per non rischiare i contagi, fino al consigliare di dormire con la mascherina, con raccomandazioni che sembrano far parte più di una setta di scientisti che di scienziati. Forse non sarebbe ora di provare a rimettere in discussione un’affermazione, non detta ma data per scontata, che poteva (e può ancora) stabilire una possibile convivenza tra società e virus? Dato che la strada della sola prevenzione assoluta,  dei zero morti, dei zero contagiati sembra una chimera? L’affermazione è proprio questa: solo il vaccino può salvarci, esso è l’unica arma. Proprio questo assunto dato, per scontato a priori, può e deve essere messo in discussione al netto di questi anni di corsa vaccinocentrista, perché prima di tutto si può investire sulla sanità e non ragionare solo sulle terapie intensive attuali così da poter potenziare la rete e consentire di affrontare la pandemia attuale e le prossime a testa alta, rispettando la scelta di vaccinarsi o no, ma soprattutto si può investire sulle cure, la medicina infatti, è arte medica, ed è fatta di intuizione, amore, sperimentazione, e di cura oltre che di prevenzione.

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