Lutero: un sanguinoso rivoluzionario e non un riformatore incompreso

Simone D'Aurelio

(4 min. lettura)

Una volta un carissimo sacerdote mi insegnò la differenza tra riformatore e rivoluzionario. Da lì in poi ho capito per davvero la differenza delle due parole, il termine rivoluzione viene utilizzato da tutti in ogni situazione che non ci piace, eppure esso porta con sè un significato tutt’altro che buono, la sanguinaria rivoluzione Francese, la caotica rivoluzione sessuale, e tra questi tanti eventi (dipinti sempre in luce messianica dal sistema) c’è anche la rivoluzione luterana. Per quanto riguarda Martin Lutero è giusto vederlo come un rivoluzionario per il semplice motivo che lui ha sovvertito tutto, è questa la caratteristica di chi instaura delle rivoluzioni, lui stravolge ogni cosa dalla concezione teologica a quella metafisica fino a quella etica, da quella dell’umanità fino a quella di destino, il suo è un vero strappo con la Chiesa, non una semplice incomprensione: in Lutero c’è un’odio viscerale per la Messa e per il papa: “<<Quando la messa sarà stata rovesciata, io sono convinto che avremo rovesciato con essa il papismo (…) Io dichiaro che tutti i postriboli, i furti, gli assassini e gli adulteri sono meno malvagi di quella abominazione che è la messa dei papi>> […] dovrebbe interessare quello che il riformatore pensava di Gesù (<<Cristo commise adulterio prima di tutto con la donna che incontrò al pozzo di Giacobbe, di cui San Giovanni scrisse: “In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliarono che stesse a discorrere con una donna. Nessuno tuttavia gli disse: “Che desideri”, o “Perchè parli con lei”? Dopo di lei fu la volta di Maria Maddalena, e poi venne la donna colta in flagrante adulterio che Cristo congedò così gentilmente. Quindi anche Cristo, pur essendo così retto, si è reso colpevole di fornicazione prima di morire>>) oppure che scriveva di se stesso: <<Da mattina a sera non faccio altro che bere. Chiedetemi perchè bevo così tanto, perchè parlo così loquacemente e perchè mangio così spesso. Lo faccio per imbrogliare il diavolo che viene a tormentarmi (…). E mangiando, bevendo e ridendo in questo modo e talvolta anch edi più, e anche commettendo qualche peccato, che sfido e disprezzo Satana tentando di sostituire i pensieri che il diavolo mi suggerisce con altri pensieri, come ad esempio pensando con avidità ad una bella ragazza o ad una ubriacatura. Se non facessi così diventerei oltre modo furioso>>.” (Danilo Quinto, Pensiero unico e false ideologie, Solfanelli, pag 78-79, 2017). Lutero oltre ad esternazioni assurde, ha sovvertito l’ordine, per lui non esiste più il destino, bensì il predestino, l’azione dell’uomo è del tutto ininfluente. Dire tranquillamente di “peccare fortemente” significa ignorare totalmente la condizione ontologica in cui ci trascina il peccato, e a questo punto se davvero basta credere e si può peccare tranquillamente, perchè la croce? Perchè caricarsi dei peccati? Perchè il sacrificio di Cristo? Logicamente tutto il cristianesimo viene stravolto, e così sarà, la stessa chiesa luterana che vive di “sola scriptura”. Ancora più importante è vedere però che Lutero si trova in contraddizione diretta con le scritture e in particolare con l’epistola di San Giacomo, tanto da arrivare a dichiarare che essa è un’epistola di paglia. San Giacomo è chiaro: per il cristiano la fede senza le opere è inutile, stessa cosa per le opere senza la fede. Ma ancora di più Lutero sovverte totalmente la concezione di razionalità e di giustizia, per lui tutto si stravolge in funzione della frase di Paolo “Il giusto vivrà mediante la fede” (Romani 1,17) interpretando in modo del tutto fuorviante la parola giusto: “Quella che il Nuovo Testamento chiama la <<giustificazione>>, in queste condizioni corrisponde pressappoco a ciò che noi chiamiamo la santificazione e la vivificazione. Essa riguarda l’essere, prima ancora di riguardare la sua condotta. Si può avere una condotta moralmente retta e giuridicamente irreprensibile, ed essere tuttavia lontani, molto lontani dalla <<giustizia>> nel senso biblico, la quale non è dissociabile dalla vita divina in noi, essendo essa la vita. […] Nel 1536 Melantone chiedeva a Lutero se egli ritenesse che l’uomo vien giustificato con un rinnovamento interiore, come Agostino (seguendo Paolo) sembra ammettere; oppure con un’imputazione gratuita, esterna a noi. Lutero rispose: <<io sono intimamente persuaso e sicuro che è solamente con una imputazione gratuita che noi siamo giusti davanti a Dio>>. La Formula di Concordia si esprime in questi termini: <<Tutta la nostra giustizia è al di fuori di noi; essa risiede unicamente in Gesù Cristo>>. Il problema ontologico non vien considerato. Lutero si pone dal punto di vista giuridico. E invece si tratta di un problema d’essere e di vita. Jeshua insegna quali sono le condizioni indispensabili perchè l’uomo entri nella vita divina e per vivere. Non è questione nè di diritto, nè di morale. Nel linguaggio biblico, come abbiamo già veduto, la giustizia e la giustificazione è la vita stessa. […] Si tratta di fare degli uomini realmente santi; si tratta di santificare e dunque vivificare realmente l’umanità e non solamente di perdonare dall’esterno a un’umanità malata e corrotta. […] Ciò che in teologia è detto <<redenzione>>, (parola di cui la maggior parte degli uomini non possono più comprendere il senso, perchè è un termine preso da un contesto etnico a noi estraneo), è niente altro che la guarigione, la liberazione, la ri-creazione, il compimento e la divinizzazione dell’umanità. Si tratta perciò di ben altra cosa che di un problema d’ordine giuridico e morale. Si tratta di ontologia, si tratta di un problema di essere e di vita.” (Claude Tresmontant, L’insegnamento di Jeshua di Nazaret, pag. 148-183-184,)

(link articolo parte 2)

Foto di Gioele Fazzeri: https://www.pexels.com/it-it/foto/argento-maschera-medievale-storico-5030528/

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