La necessità di Dio nello stato (pt.3)

Simone D'Aurelio

(4 min. lettura)

(link parte 2)

Per analizzare il problema politico e pubblico di Dio dobbiamo però arrivare in fondo al problema etico, senza di esso infatti, anche la concezione di bene e male in fondo finisce col dissolversi nel relativismo. Se senza Dio non possiamo accedere all’etica, il bene e il male privi di un riferimento assoluto diventano due elementi che si scompongono e si ricompongono in base al calcolo, ed è su questo che si sono basati alcune grandi dittature. Se il bene è solo “ciò che è meglio dì” come diceva un vecchio teologo morale ormai scomparso allora la realtà è solo frutto di processi meccanici e non esiste un bene in se, e neanche un male,esiste solo un rapporto e delle valutazioni. Per decidere ciò che è male e bene esiste in questo caso solo la matematica o un ipotetico risultato. In questo caso anche la nozione di diritto diventa aleatoria e finisce col dissolversi. Se il bene e il male non sono visti in una prospettiva verticale in dialogo con Dio, allora tutto può essere ammesso dal genocidio, alla distruzione di intere generazioni di bambini, qualsiasi cosa finisce in questo caso in un vortice relativo. Guardando più a fondo anche i diritti naturali rischiano di diventare una concessione statale, le esperienze del comunismo ne sono una chiara testimonianza, così come quelle di altri totalitarismi, dove non si guarda più alla sacralità del bambino, esso diventa solo uno strumento, quando la stessa figura del mio prossimo viene scardinata da elementi di natura teologica, esso rischia di essere concepito come una solo risorsa. L’essere in questo caso non è più concepito in una comunità organica, e vien meno anche la reciprocità tipica di uno stato che si rapporta con il sacro. Ma la nostra speculazione oggi non può fermarsi qui, gli uomini di politica e i partiti e la collettività devono anche notare che senza Dio, si spezza la sottile linea rossa che ci collega metafisicamente, si perde in sostanza il rapporto con i doveri e le responsabilità pubbliche e private, non c’è più giudizio e responsabilità, e non c’è più un richiamo netto alla coscienza e al dovere, essa sempre più sola è in balia di un solipsismo; tolto Dio crolla anche questo. In questo caso diventa difficile instaurare una società promiscua, perchè dovrei occuparmi degli altri se non ci sarà un equo giudizio? Perchè devo sacrificarmi se il bene è solo un’utopia distopica? I diritti, il benessere inteso in senso olistico, la realizzazione dell’uomo, una buona vita pubblica e privata, e un’amministrazione politica giusta, sono in ultima istanza possibili solo in una geometria metafisica verticale che quindi si relaziona con Dio.

L’appiattimento orizzontale, monodimensionale, dell’intero compartimento societario, in fondo rende l’uomo una semplice pedina, in balia dei venti; tutto ciò crea anche problemi con l’identità,con la concezione del tempo, con l’affrontare la morte, con la procreazione e con le relazioni: non a caso l’attacco alla famiglia avviene sempre da parte di gruppi che vedono la sessualità in modo slegato, così come il discorso di etica, e di responsabilità, e in fondo a tutto questo viene ripudiato il discorso di Dio, rimandato ad un parere soggettivo e scacciato dalla collettività. Esso in fondo rappresenta il primo problema per una determinata corrente di pensiero autodeterminista.

Ma proprio oggi il combattere qualsiasi valore e qualsiasi principio in nome delle identità fluide e della totale disponibilità, crea una condizione win-win per i grandi imprenditori; in realtà così nascono solo persone sempre più manovrabili e sempre meno legate tra loro, e quindi disponibili a diventare merce da spremere sul mercato del lavoro e come perfetti consumatori, e allo stesso tempo sempre più vulnerabili dal sofista di turno. Deve farci riflettere molto come il vandalizzare i muri della Sorbona, e tutto il movimento del 68 ha portato a un’eterogenesi dei fini, da hippie a hyuppie, il disprezzare Dio l’ordine assoluto e il valore assoluto, non ha dato il via a una società migliore, ha invece creato la scomparsa dei valori stessi, e dall’immaginazione al potere siamo arrivati alla tecnica al potere (come visto da Corrado Gnerre in un suo saggio). La promessa politica del 68 così come quella degli anni 30 della Repubblica di Weimar, era quella raccontava di un liberismo assoluto che avrebbe creato una società migliore, e il cui ostacolo maggiore era chiaramente Dio, la sua immagine pubblica, e gli elementi metafisici a esso implicati, non vi è stato e non vi sarà mai un declino peggiore, basta vedere i risultati oggi: nonostante la vittoria dei sessantottini, ci ritroviamo di fronte una società che parla di crisi dei valori, dominata dalla sola disponibilità economica, e dall’egoismo sempre più chiusa e depressa, e che non si è liberata dalla nevrosi come pronosticato da Freud tramite il liberismo sessuale sfrenato. Proprio i valori sono un’elemento fondamentale, essi senza Dio evaporano, ovvero il loro riconoscimento, come quello delle virtù, dei doveri, delle responsabilità e dei legami, è implicato nel discorso teologico. Se non c’è una trascendenza, se non c’è un’alterità ontologica fondamentale per l’uomo, possiamo parlare di valori relativi, essi sono a libera interpretazione, o un semplice accordo di massa, inoltre essi sono slegati, e mai orientati, nell’ottica orizzontale qualsiasi valore può essere superiore all’altro, la cura dell’ambiente può diventare un’obiettivo superiore anche rispetto alla tutela dell’indifeso, e il valore della vita può essere non riconosciuto, solo la religione è in grado di far oltrepassare l’immanenza e conservare valori senza tempo, è in grado di dargli un’orientamento stabile, e una struttura insieme alla filosofia. Il rapporto con Dio richiama alle responsabilità, e alle virtù, così come ai doveri, non solo in vista di un giudizio, ma in vista di un’ottica di realizzazione collettiva e individuale che scruta l’uomo nelle sue più grandi profondità. Tutto ciò nel solo ambito psicologico non è possibile, dato il ripiego sul solo soggetto.

L’omettere in tutto questo dalla coscienza pubblica una metafisica che dichiara che l’universo non è l’unico essere ha creato inoltre la competizione selvaggia di stampo malthusiano a cui oggi assistiamo, le persone anzichè collaborare ripiegano in una guerra orizzontale fin da piccoli, a scuola, nello sport, nei programmi televisivi. L’incontro inoltre con la propria coscienza, non viene ascoltato, nonostante il malessere ontologico lo stato che non riconosce Dio vive solo nell’ottica commerciale, e immanente, il guadagno è l’unica priorità sotto ogni aspetto. Proprio lo stradominio della finanza e dell’economia ci deve far riflettere, la visione circolare del mondo,e che esula politicamente l’uomo tradizionale ha creato sempre più consumatori e sempre meno comunità, specialmente nei rapporti. Oltre a tutto questo la concezione di Dio in una società che lo cerca resta importante anche per rispondere in modo adeguato alla nostra ricerca di egalitè fraternitè e libertè. Per quanto sia difficile ammetterlo, nè l’anarchia nè il liberismo e neanche il comunismo hanno redento e liberato l’uomo, non c’è la fà neanche il boom economico e la stessa concezione di uguaglianza postmoderna oggi più che mai non ci aiuta ad essere uguali, bensì mortifica e distrugge le differenze cercando un’uguaglianza relativa e utopistica. La connotazione di libertè egalitè e fraternitè di stampo orizzontale,atea, nel corso dei secoli si è sempre rivelata fallimentare e del tutto distopica, da Robespierre a Marx, il filo di pensiero, tutto piatto che esclude Dio crea sempre delle prospettive distruttive. E queste sono anche la basi su cui regge le politica ideologica e la cultura europeista del nostro presente.

Foto di Lara Jameson da Pexels: https://www.pexels.com/it-it/foto/barche-australia-bandiere-nave-8828416/

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