La tradizione e i giovani, un sentiero da soprire pt.3

Simone D'Aurelio

(5 min. lettura)

(ripropongo con alcune modifiche utili, il discorso tenuto dal sottoscritto a Martinsicuro il 16/09/2022, per le parrocchie di S. Madre Teresa di Calcutta e del S. Cuore di Gesù)

(link parte 2)

L’ultimo punto che voglio trattare con voi, questa sera, è quello dei valori e del tempo. La società post moderna, odia la temporalità, e ci chiede sempre di sacrificare il presente per un futuro migliore (e contemporaneamente di dimenticare il passato): questi tre elementi temporali sono però collegati tra loro. In tutto questo c’è anche un rigetto dei valori in modo frontale, e quando anche la vita, l’onestà, il bene e il male non vengono riconosciuti, quando tutto entra nell’ambito del relativo a livello etico e di principi allora la società rischia di finire nel baratro, qualsiasi sofista o politico di turno infatti potrà portarci a compiere qualsiasi azione, dall’omicidio alla pedofilia tutto sarà possibile, le più grandi dittature del 900 si sono basate proprio su questo, sul non riconoscere un passato una tradizione che portava con sè indisponibilità, valori e principi. Il non riconoscere la sacralità della vita, la dignità dell’essere umano, il rispetto delle religioni, delle culture e delle tradizioni, ha consentito semplicemente di aprire a un freddo calcolo tra costi e benefici, tra necessità e azione, ed ha aperto a grandissime stragi. Al loro fianco è accostata la prospettiva di riscrivere il presente senza passato, e a sua volta di sacrificare il presente per arrivare a un futuro migliore (mai compiuto). I comunisti e gli ideologi di cattiva fama giustificavano qualsiasi uccisione di massa con questo pretesto. Se il bene infatti “è solo ciò che meglio dì” come diceva un vecchio teologo morale ormai scomparso, allora la realtà è frutto solo di processi meccanici, e quindi non esiste qualcosa che è per davvero bene e male in se: questi ultimi dipendono in ultima istanza solo dal calcolo delle conseguenze. Proprio per questo nella tradizione, abbiamo un moto opposto, la storia non va cancellata, ma è quel tesoro che ci consente di guardare al futuro, e di poter costruire un presente. Lo stesso futuro non è però il tempo utopistico come quello marxista, nella tradizione cristiana esso infatti non è un miraggio ma lo si vive in armonia con il presente. Si vive l’oggi, guardando con fiducia il domani e ricordandosi di ieri, non bisogna rinunciare mai a nessuno dei 3 tempi. Ma la tradizione si vive anche guardando i valori, connessi al tempo e alla storia e che in ultima battuta la sorpassano; proprio in questi sistemi metafisici teologici e filosofici, infatti i valori acquistano un quadro completo e una definizione ultima. La filosofia postmoderna dal suo canto ha optato per la liquefazione del valore, essi esistono solo se vengono riconosciuti dal soggetto: esso li crea e li distrugge, sono astratti sotto ogni punto di vista, null’altro, il massimo possibile in tutto questo è cercare un’accordo come avvenuto nei primi del 900. In risposta a ciò anche la psicologia moderna punta a cercare di portare al benessere l’uomo indirizzandolo sui valori (1) , ma in un contesto soggettivo, privato e relativo, come quello psicologico, essi non possono essere indagati in modo concreto e non possono neanche essere accettati in modo definitivo, sia a livello collettivo che individuale (2). Solo in una realtà tradizionale infatti possiamo collegare i valori alla teologia e alla metafisica che sono il loro punto di inizio e il loro fine, il loro punto fondante, e anche la loro meta. L’indisponibilità dei valori parte proprio da questi due materie, prende direzione e finalità proprio da esse, e diventano una realtà concreta perchè si riversano nelle nostre azioni pratiche. Riprendere la via delle tradizione consente ai ragazzi quindi di non vivere una vita nella filantropia vuota, orizzontale, ma di vivere una carità che sorpassa il mondo e lo vivifica, ci consente di non essere schiavi del green pass ma ci fa avere una visione di umanità che supera il tempo, la paura e i dpcm, questa strada è un collegamento con la storia in modo orizzontale e verticale, essere nella tradizione significa avere una scala di valori che viene universalmente riconosciuta, un senso e un’ordine metafisico che coinvolge gli uomini di ogni tempo e di ogni posto. Ciò in ultima istanza consente anche di avere coerenza, di scolpire il nostro io nelle sue radici più profonde. La società tradizionale al contrario di quella postmoderna (schiava della finanza) viaggia verso l’indisponibile, e inserisce il più delle volte nella cima di questa scala l’unico indisponibile che può dare vita a ogni indisponibilità: Dio. Il valore assoluto che può dare vita a quelli non negoziabili e a tutto il resto, l’essere necessario che per sua natura da vita al contingente. L’esigenza di un ruolo paterno e di una figura paterna che è in grado di non farci vivere nell’eterno presente è una costante nelle grandi tradizioni, non solo in modo verticale (metafisico e in un rapporto Dio-uomo) ma anche orizzontale (maestro e allievo, sacerdote e fedele), abbiamo comunque necessariamente in questo ambito il bisogno di quel Padre che è il solo in grado di dare senso al concetto di etica e di verità come dimostrato filosoficamente da Kolakowski (3) ma è anche l’unico che tradizionalmente ci può far conoscere per davvero cos’è fraternità uguaglianza e libertà, tre concetti che si sono edificati solo e soltanto in Cristo, nella tradizione, e che hanno segnato la prosperità dell’Europa, grazie alle epistole paoline è ad una necessaria maturazione della legge ebraica, gli stessi termini che al di fuori del mondo della tradizione cristiana, e al di fuori delle grandi tradizioni, sono stati stuprati dai rivoluzionari francesi, per dar via ai grandi disastri politici e sociali negli ultimi secoli. Proprio chi sceglie le vie della tradizione, è in grado di discernere tra libertà e libero arbitrio, tra una presunta uguaglianza relativa e l’unica possibile uguaglianza, tra una fratellanza massonica, mafiosa, o giacobina (tutte crollate) e una fratellanza in Cristo che ci collega da Abramo fino ai nostri tempi. Risalire alla tradizione significa non cadere tra le braccia di Mangiafuoco, Pinocchio infatti come nota il cardinale Biffi, non diventa una marionetta perché ha un padre, gli altri burattini no, non hanno un collegamento, diventano vittime, non hanno un “da dove” e un “verso dove”. Chi si avvicina al mondo della tradizione è in grado di comprendere perché Dio risponde a Mosè sul Roveto “Io sono Colui che sono”, mentre invece ingenuamente i ragazzi atei dicono “io sono il Dio di me stesso” risposta del tutto assurda e insignificante. Avvicinarsi a tutto questo significa vivere una vita degna di essere vissuta, di tale portata e grandezza che può farci arrivare ad essere considerati degni di poter contemplare un giorno il volto dell’Altissimo, visibile solo con il lume della gloria, e di poter dialogare con Lui, vivere nella tradizione significa vivere un percorso che infiamma se stessi e il mondo, come quello che ha fatto Elia, Giona, gli apostoli e tutti i veri uomini di Dio, significa anche non fermarsi di fronte ai profeti Baal e di fronte alla massa, e ci porta a non essere dei falsi messaggeri che compiacciono il mondo. Vivere nella tradizione significa vivere l’essere nella sua forma più pura, e avvicinarsi sempre di più a Dio, l’essere necessario e la fonte dell’essere. Vivere quindi ciò che è performativo per noi stessi e non solo informativo, scoprire nella nostra anima ciò che c’è di buono e di oltrepassare il tempo e la contingenza, per vivere per davvero in eterno. Ecco proprio per questo vivere la tradizione è un riprendere in mano la propria vita, essere veri anticonformisti visti i tempi, essere veri uomini, ed imbarcarsi sopratutto verso le risposte definitive che tormentano il nostro cuore e il nostro animo fin dalla nostra nascita.

(1) si guardi ad esempio come il fortunatissimo libro di Russ Harris “La trappola della felicità” (2010, Erickson), utilizzato anche da alcuni psicologi rimanda sostanzialmente alla ricerca dei valori

(2) Non vi è nella disciplina in sè una definizione ultima dei valori, e questi non possono essere investigati a fondo: la loro realtà al di là del loro riconoscimento del soggetto rimane indefinita, la psicologia ha come campo di indagine solo il soggetto e non l’oggetto, che viene indagato dalla chimica dalla filosofia, dalla geografia dalla teologia ecc. ecc.

(3) Leszek Kolakowski “Se non esiste Dio” (Il Mulino, 1997), oppure anche dallo stesso autore “La ricerca della certezza” (1978, Laterza)

Foto di Johannes Plenio da Pexels: https://www.pexels.com/it-it/foto/foto-di-percorsi-forestali-1996051/

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