Il papa riformista e il papa rivoluzionario, divergenze attuali e passate

Simone D'Aurelio

(3 min. lettura)

Diversi tradizionalisti vedono differenze tra i due pontificati che si sono susseguiti, analizziamo alcuni punti:

In questo momento storico possiamo dire che ci ritroviamo due papi, uno emerito (Benedetto XVI) e uno ad oggi in carica e al timone della Chiesa, papa Francesco.

Al dì la dei “minutelliani” e sedevacantisti, l’area tradizionale segue papa Francesco nonostante rimanga perplessa da molte cose. La sua voglia sembra quella di rivoluzionare la Chiesa, di avviare un processo che porti il cristianesimo a diventare un luteranesimo aggiornato o un cristianesimo decaffeinato, possiamo vedere come da sempre c’è una fortissima apertura verso tutto e tutti, dall’andare a frequentare personaggi tutt’altro che vicini alla Chiesa (si veda gente come Emma Bonino) fino all’apertura a strane teologie con affermazioni di ogni tipo, dalla Trinità che litiga a porte chiuse a interpretazioni che vanno al contrario di tutti i principi, fino alla creazione catalogata come un “mito” condizione sino equa non per credere. Oltre a una serie di gesti, da Pachamama alla statua di Lutero, dalle ospitate da Fazio alle linee guide rivoluzionarie per le Parrocchie (vedi l’enciclica “Amoris Laetitia”), dalle partite a biliardino agli inchini verso i leader del Sudan fino ad arrivare a incontri con i potentissimi Rotschild e Rockfeller. Papa Francesco è la rockstar del turbocristianesimo 2.0, le sue ali protettrici sono state il super ecumenista Enzo Bianchi e il cardinale Kasper, in tutto il papa manifesta una rivoluzione, di quella sinistra cattolica, che ormai domina in Vaticano. Ma l’altro papa, in tutto questo, quello emerito, ovvero Benedetto XVI come sta vivendo tutto questo? Esso è visto dalla maggior parte dei tradizionalisti come un riferimento, e nonostante alcune perplessità sul suo operato in gioventù, possiamo vedere come l’operato di Ratzinger non è simile a quello di Francesco, lo abbiamo visto rimettere le scomuniche ai 4 vescovi ordinati da Lefevbre e Catromayer, lo abbiamo sentito parlare coraggiosamente a Ratisbona, ed è stato cosciente e distante dalla Chiesa tedesca e dalle sue richieste (a differenza di Francesco). Ha parlato in forma chiara dei “valori non negoziabili”, della odierna dittatura del relativismo, mentre Francesco non si ritrova chiaramente in queste affermazioni. Abbiamo visto la strategia, o per dire meglio l’occhiolino fatto da Francesco ai preti sposati, con la questione amazzonia, mentre nel frattempo invece Benedetto XVI tirava il freno su questo arrivando a spiegazioni teologiche e metafisiche chiare al riguardo scrivendo insieme al cardinale Sarah un libro “Dal profondo del nostro cuore” (Cantagalli, 2020). Il papa attuale, con il suo documento Traditionis Custodes, dimostra di non gradire e di prendere chiaramente le distanze dal vecchio rito, in totale contrasto con Benedetto XVI. Che lo vogliamo o no, non si tratta di gridare al buono o al cattivo, il papa, i papi e gli uomini restano ingiudicabili, il giudizio spetta solo a Dio, e non bisogna arrivare a filosofie manichee su queste due persone, l’unica cosa che posso giudicare (cosa necessaria) sono gli atti. E gli atti mostrano due teologie diverse, anzi mi fanno pensare a due modi di ragionare: uno metafisico e l’altro esistenziale, uno che ha forti richiami dottrinali, l’altro che invece guarda più alla prassi, alla soluzione mondana. Per quanto si voglia affermare la continuità, ci ritroviamo di fronte a delle differenze, evidenti, che lasciano perplessi laici, e anche atei. La cordata tradizionalista oggi come ieri, deve ricordarsi sempre di più della propria identità, e della metafisica cristiana, e non arrivare al “ranherismo” che ormai mette la Chiesa al pari di una onlus. Deve in questo momento di dissociazione e di ambiguità continuare a difendere la tradizione, riaprire gli interrogativi sul Concilio Vat II. Spetta a noi, ancora, aprire verso una unità, una riforma e non una rivoluzione, nel cristianesimo, che chiarisca punti e orientamenti che negli ultimi anni sono molto ambigui. Non dobbiamo stravolgere o modernizzare la Chiesa, e neanche rinnegare la Chiesa o papa Francesco, dobbiamo invece mostrare come il progressismo di questi tempi serve solo a svuotare le chiese. L’unica cosa che ci rimane da fare è lavorare tutti insieme per riportare la Chiesa al suo splendore, facendo chiarezza sulle dissonanze attuali, per il bene dei fedeli, e per garantire l’autenticità delle fede.

Photo by Simone Savoldi on Unsplash

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