Perchè c’è bisogno della Messa tridentina (vetus ordo)

Simone D'Aurelio

(6 min. lettura)

Papa Francesco da sempre prende le massime distanze dai tradizionalisti, diciamo che in tutti questi anni in modo esplicito ha sempre fatto vedere di digerire poco l’ambiente collegato alla tradizione, e c’è sempre più la sua voglia di rivoluzionare il cristianesimo. Ma guardiamo una cosa, perché i tradizionalisti hanno ragione sulla Messa? Perché chiedono di poter celebrare in rito tradizionale? Semplicemente perché queste persone da sempre sono ispirate a voler celebrare Dio, si va quindi verso una messa teocentrica, che è celebrata da secoli e secoli, approvata da Papi, e che ha una storia lunghissima e che ha formato grandi Santi, è la Messa che ha origini antiche ed è la cosiddetta messa tridentina, o la Messa di sempre, e nonostante nei tanti secoli ha subito qualche piccola modifica, nella sostanza il rito rimane lo stesso. La sua storia risale fino ai tempi apostolici, mentre invece dal concilio vaticano II notiamo una nuova messa con un impianto teologico diverso, con il covid diventata ormai quasi totalmente antropocentrica, anziché mettere Dio al centro si contempla l’uomo. Ciò che vediamo nella Messa Tridentina come primo punto è che il sacerdote è rivolto verso Dio e non verso il popolo, a differenza della nuova dove sostanzialmente si voltano le spalle a Dio per parlare con il popolo, la nuova messa diventa quindi quasi oggetto di dibattito tra il sacerdote ed il popolo; infatti il sacerdote passa da essere un “alter Christuts” in cui trova anche il perché la sua dimensione casta e ordinata a Dio, che offre il Sacrificio al Padre, a diventare quasi il coordinatore di un’assemblea dove ci si guarda e si parla tra di noi. Nella Messa di sempre la liturgia della Parola non diventa più lunga rispetto a quella Eucaristica, che rimane il centro della Messa, mentre nel nuovo rito la cosa è totalmente inversa. Nella Messa Tridentina la consacrazione è qualcosa di davvero sentito, ci si inginocchia in un lungo silenzio assoluto, mentre nella nuova Messa, ormai risistemata per il covid, anche i tempi sono spesso cortissimi, anzi ridotti al nanosecondo, e inoltre alcuni sacerdoti non invitano neanche più il popolo a inchinarsi. La comunione da essere ricevuta in ginocchio e in bocca, che fa intuire ciò che davvero è questa grandezza infinita, viene ridotta a essere presa in piedi facoltativamente, e con le mani, condizione ora obbligatoria da anni per le norme anti covid. Ma guardiamo oltre il nuovo modo di fare teologia, e di concepire la Messa, rende partecipe anche l’architettura, la nuove Chiese hanno i design più strampalati, futuristici e post moderni tanto che non sembrano neanche delle Chiese, ma dei grandi magazzini, o quelle strutture commerciali americane, i canti di ogni tipo, animazioni strambe, e non vi è più distanza tra il sacro e il profano, anche gli spazi sono gestiti in “comune” con il sacerdote, non vi sono più le balaustre. La Messa antica guarda al sacro, i suoi canti sono fatti non per animare, ma per rendere lode a Dio, non ci si vergogna del Santissimo, il tabernacolo è quasi sempre al centro, e non nascosto in strane architetture. Oltre a tutto questo vediamo come la Messa vecchia garantiva una universalità grazie al suo latino, ovvero nelle differenze, vi era l’uguaglianza, una sola lingua per tutti i popoli, che ci accomunava e che ci univa nel nostro credo. Una lingua straordinaria e senza tempo. Le messe di adesso sono invece a volte quasi parlate in dialetto. Con tutto ciò non voglio giustificare gli usi e gli abusi che ci possono essere stati con il vecchio rito, ma sinceramente a livello oggettivo i tradizionalisti semplicemente vogliono vivere in modo legittimo un rito che ha le sue radici antichissime e che fa parte della Chiesa, della sua storia. Per quanto si voglia parlare di abusi sul vecchio rito o di clericalismo, possiamo parlare per ore di determinati limiti umani, ma non vi sono invece limiti oggettivi nel nuovo? In questa Messa riformata sempre meno seguita, che rincorre sempre di più il mondo e sempre più antropocentrica e covidista, gli abusi sono sempre più frequenti, e ha portato col tempo a un numero sempre più basso di partecipazioni o di vocazioni. Ma perchè sono messe che partono con principi diversi, la Messa non deve essere fatta per piacere all’uomo, la sua bellezza risiede nell’essere invece quella celebrazione che attraverso lo spazio tempo che ci riporta al fianco di Gesù, più ci sforziamo di fare delle Messe “Light”, vegane, antropocentriche più troviamo disordini forti, preti che chiacchierano, folla distratta, e una celebrazione più debole. La bellezza della Chiesa sta nella sua trascendenza e nella sua umanità, nel collegare e nel fare da ponte tra Dio e l’uomo, se la Messa, cioè il cuore della celebrazione, deve essere una chiacchierata informale e non è vissuta veramente, allora i suoi frutti saranno sempre più scarni. Troviamo inoltre altri punti importanti su questi due riti: “Il novus ordo ha introdotto il sacrosanto principio di adattamento del rito alle esigenze pastorali della comunità, ha involontariamente prestato il fianco ha una ferita che purtroppo è stata inferta e con serie conseguenze: ha permesso che sacerdoti e altri animatori liturgici, incuranti della distinzione tra ciò che non deve mai essere modificato e ciò che può esserlo, introducessero elementi del tutto estranei alla lex credendi. In nome della creatività liturgica, sebbene sia meglio parlare di adattamento, possono essere incautamente insegnati errori dottrinali anche molto gravi. La forma straordinaria, invece, custodisce nello scrigno intangibile della sacralità la purezza della dottrina cristiana. Perchè privare gli uomini e le donne che hanno il diritto di ricercare l’autentica fede cristiana delle ricchezze, dei tesori della scienza e dalla sapienza divina?” (Roberto Spataro, Elogio della Messa tridentina, Fede e cultura, p. 32). Quante volte nel nuovo rito riformato vediamo preti che improvvisano di tutto? Quante volte vediamo modifiche ambigue? E quante volte vi sono esagerazioni da una parte o dall’altra, a tutti gli effetti nel nuovo ci sono molti problemi, anzi moltissimi, inoltre: “La Messa Vetus Ordo – lo sappiamo bene – non è quell’happening festaiolo a cui talvolta viene penosamente ridotto il Sacrificio di Cristo sull’altare. È la messa in cui misticamente tutti siamo sul Calvario e non per un’amena passeggiata. Ci immergiamo in una storia di persecuzione, quella dell’Innocente per eccellenze: il suo Sangue viene effuso, la Sua Passione si rinnova, il Martire capofila di tutti i martiri, si immola sull’Altare. I credenti sono così esortati, ammoniti, preparati ad affrontare il martirio, bianco o cruento che sia. La Messa Vetus Ordo è una scuola di evangelizzazione” (Roberto Spataro, Elogio della Messa tridentina, Fede e cultura, p. 34). Ma come sempre nessuno considera questo, il nuovo rito spesso si trasforma in un insieme di urla, di canti e di balli, una festa continua, un chiacchiericcio continuo tra sacerdote e popolo. “Mentre nella Messa nella forma ordinaria si da risalto alla partecipazione esteriore dei fedeli e del ministro, si interpreta l’actuosa participatio anche come una gestualità pluriforme e dunque, si esprime ritualmente un certo protagonismo umano, nella Messa antica ogni parola e ogni silenzio, ogni gesto e ogni rito, sono dilatati ed elevati in e da una tensione davvero soprannaturale […] Dio è il protagonista, anzi l’unico attore” (Roberto Spataro, Elogio della Messa tridentina, Fede e cultura, p.37).

Photo by Shalone Cason on Unsplash

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