Ma Enzo Bianchi e la sua teologia dove portano?

Simone D'Aurelio

(4 min. lettura)

Se c’è un personaggio da analizzare, da sfidare a duello, in questi tempi è sicuramente Enzo Bianchi, il ragioniere, classe 43, è il fondatore della comunità Monastica di Bose. In questo personaggio e nella sua “creatura” troviamo un ritratto di ciò che è la spiritualità di tendenza oggi: ovvero la Chiesa 2.0, il ragioniere va d’accordo con tutti, luterani, evangelici e molti altri, con i suoi modi piace a tutti. Tra l’altro era anche un fiore all’occhiello di papa Francesco (poi scaricato). La domanda però da porsi è questa, quali frutti porta Enzo Bianchi? L’ecumenismo assoluto. A tanti può sembrare bello questo cristianesimo 3.0, ma bisogna guardare bene: Cristo non era luterano, la Chiesa e il mondo dei protestanti professano e vivono due rette parallele. Il ragioniere, auto-fondatore di comunità, si colloca sulla scia del pensiero debole di Gianni Vattimo, per poter discutere di tutto ed essere d’accordo su tutto ci porterà ad asfaltare tutto. Il cristianesimo è cristianesimo perché ha la sua metafisica, perché ha la sua tradizione, perché ha il suo pensiero e la sua storia, forgiata da santi, da laici, da Gesù. Il cristianesimo non ha bisogno di essere cambiato, modernizzato resa accettabile, non è Dio a dover cambiare, per essere gradito a tutti, perché per primo l’operazione non può essere fatta (Dio è immutabile), e per secondo è qualcosa di doppiamente dannoso, si prova a mistificare la religione ingannando gli altri. Il Signore ha parlato in modo forte contro i falsi profeti, questo non significa che il cristianesimo non può parlare a nessuno, anzi si rivolge a tutti, ma non può accettare tutto, la Chiesa da sempre ha preso le distanze da Lutero, e da altre Chiese, semplicemente perché stravolgono tutto, esse non coincidono con la tradizione, con la riflessione filosofica cristiana, non coincidono con la teologia dei santi, non coincidono con la predicazione dei papi, sono un mondo a sè. L’incontro ci può essere in collaborazioni, in aiuti umanitari, ma non in una vita religiosa, pastorale, teologica comune. Non togliendo le nostre differenze si realizzerà l’unità. Inoltre, come aveva ricordato Antonio Livi, che non era un ragioniere ma un grande filosofo, allievo del famoso Etiennè Gilson, esperto di epistiomologia filosofica, docente universitario, teologo, e saggista Gesù non è una creatura, se Gesù appartiene all’ordine del creato allora è inutile parlare di cristianesimo, l’errore è di dimensioni enormi. È poi da notare che Padre Pio, S. Tommaso d’Aquino, gli Apostoli, e S. Benedetto non volevano trovare il modo di far combaciare Dio con le altre Chiese, non si curavano di far contenti tutti, a testa alta seguivano il Vangelo, gli insegnamenti, e difendevano a spada tratta ogni sua singola parte, non facevano di esso una religione commerciale adatta a ogni ideologia. I nomi sopra citati sono nomi di persone che non si preoccupavano dell’ecumenismo anzi, si preoccupavano casomai di convertire, di salvare anime e di restare fedeli alla parola, non di trovare vie di mezzo per piacere a tutti, si pensi alle difficoltà degli apostoli di fronte agli ebrei che li perseguitavano. Ma ci sono da fare altre osservazioni sul rag. Bianchi: “Fa l’editorialista del giornale storico della famiglia Agnelli e combatte il capitalismo, scrive sul giornale della Conferenza Episcopale Italiana e bersaglia la gerarchia, commenta il vangelo su “Famiglia Cristiana” e proclama la verità altrui, fa il monaco solitario ed è sempre in viaggio ai quattro angoli del mondo, profetizza nell’iperuranio della teologia engagé e si occupa della legge sugli immigrati [….] Tanto che nella Regola di Bose si legge: «Nessuna comunità e nessuna persona possono realizzare ed esaudire tutte le esigenze dell’Evangelo. Solo la chiesa universale nella sua completezza storica può esprimere la totalità degli appelli contenuti in esso». Dal che parrebbe che «la chiesa universale nella sua completezza storica» non corrisponde alla Chiesa cattolica. Tanto che la Regola si affretta a dire al fratello e alla sorella di guardarsi bene dall’abbandonare la confessione di provenienza per farsi cattolici” (Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro, Cronache da Babele, viaggio nella crisi della modernità, Fede e cultura,, 2014, pp.14-15). Insomma ciò che vi è a Bosè come si può vedere anche nelle sue pubblicazioni (la casa editrice pubblica opere di diverse chiese e diversi appartenenti a varie religioni con prospettive, tradizioni metafisiche e opinioni su Cristo totalmente diverse), è un’insieme di tutto dove nessuno vince, dato che ogni identità dovrà farsi da parte o una assorbire un po’ dell’altra. Il Cristo di Enzo Bianchi non è paragonabile alla concezione di Cristo nella storia della Chiesa, per il ragioniere Gesù è solo colui che “Ha narrato Dio agli uomini” (si veda nuovamente il libro di Gnocchi e Palmaro, p.20).

Foto di João Cabral da Pexels

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