La vita in abbonamento

Simone D'Aurelio

(3 min. lettura)

Ciò che sta scomparendo nel nostro Belpaese, è il concetto di proprietà, stiamo passando infatti da una catena di consumatori benestanti sempre più nevrotica e attaccata alle proprie ricchezze, a una generazione di personalità liquide,isolate, deboli e totalmente dipendenti dai servizi in abbonamento, basta infatti guardarci intorno per capire ciò che sta succedendo; dal cellulare, alla macchina, dal franchising d’impresa ai marketplace, dai software per il lavoro ai servizi di ogni tipo sui vari siti web, tutto diventa un noleggio mensile. La stessa tv, è cambiata, ormai l’utente è abituato a scegliere tra tv spazzatura e contenuti di qualità pagando una certa cifra mensile, anche l’eros per certi versi è stato stravolto, dalla pornografia generica ai contenuti esclusivi di onlyfans, e anche il settore delle auto viene frammentato: dalle normali utilitarie ai SUV, tutti arrivati a prezzi altissimi, finanziabili in 3 anni con formule simili al noleggio a lungo termine, l’unica proprietà ancora disponibile sembra essere la casa. La domanda che si pone sullo sfondo è proprio questa: alle porte di un’annunciata crisi energetica, è plausibile pensare che presto anche la casa diventi un servizio in abbonamento? Al di là del mutuo, ovvero di un debito del privato, possiamo ritrovarci presto una sorta di “noleggio infinito” per gli immobili? Può sembrare assurdo ma in fondo non è così impossibile: se lo stato aiuterà i cittadini per l’energia potrà chiedere di diventare socio dell’immobile, e poi col tempo rilevare la maggior parte se non tutta la proprietà. In fondo il consumatore perfetto è un consumatore che produce un’infinita domanda perchè non ha mai nulla. In generale ci stiamo abituando al fatto che senza una rendita fissa di alto profilo non possiamo vivere. Tornando agli abbonamenti, la musica si trasforma in mensilità spese per spotify, Amazon spinge con il suo Prime per i prodotti, gli stessi giornali ormai chiedono sempre di più un’abbonamento. Si crea una catena di persone sempre più abituate a cercare servizi e prodotti di ogni tipo senza mai possederli. Anche la felicità sembra delegata a meccanica legata al consumo infinito di viaggi e di sensazioni, tutto viene compensato (in apparenza) tramite abbonamenti con smartbox e spacciatori, o con mensilità spese sui siti di dating. C’è da riflettere in tutti questi passaggi, non sarebbe ora di tornare ad avere mezzi di comunicazione adeguati stabili e non in abbonamento? E questo schema di eterno affitto non rischia di creare uno scenario che in fondo non premia mai nessuno? Stiamo creando una generazione di nullatenenti che di fronte a qualsiasi imprevisto (come ad es. un mancato stipendio) si ritroverà sul lastrico? Un’altro problema che si pone è proprio quello della proprietà come veicolo performativo e come sicurezza, in un mondo fatto tutto da addebiti mensili non vi è alcuna certezza materiale, e ci sono difficoltà a progettare il proprio avvenire, insieme a ciò evapora sempre di più il discorso del dono; in un mondo in affitto, e liquido, a livello filosofico e materiale ciò che viene trasmetto e regalato sembra per di più una maledizione che un bene, o viene visto con sospetto. In un’Europa dominata dai radical, sta nascendo la società dei consumi illimitati, fatta di uomini distrutti sul piano metafisico, e ormai intenti a ragionale ed a vivere secondo le regole del mercato e del consumo tutti gli aspetti della vita, abituandosi anche alla totale precarietà sotto ogni aspetto per vivere una vita fatta di un relativismo assoluto sotto il piano filosofico, ma in questo caso, per certi versi anche materiale.

Foto di Following NYC: https://www.pexels.com/it-it/foto/citta-attraversamento-strada-traffico-12678480/

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