L’unica certezza

Simone D'Aurelio

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Il mondo postmoderno rappresenta una fase di decadenza culturale, sociale, e personale a livello contemporaneo. Questa triste palingenesi è caratterizzata da dei tratti tangibili e dimostrabili dove gli uomini sono per lo più depressi, nevrotici, ansiogeni, e sono presi inoltre da un’eterna battaglia darwinistica per affermare il loro primato in ogni campo: da quello scolastico a quello lavorativo, da quello dei talent fino al mondo dello sport. In questa malsana epoca siamo tutti ripiegati su una disperata voglia di consumare e di apparire sempre, hic et nunc, senza mai risolvere però i problemi che riguardano la nostra persona e le nostre relazioni, non basta lo shopping compulsivo, le vacanze, i social e lo stile di vita consumistico per rispondere agli interrogativi che aleggiano nel nostro cuore, così come non basta una seduta dallo psicologo e la semplice scommessa sull’utilitarismo di Smith, perchè arrivati nel mondo contemporaneo non vi è una panacea per i nostri mali e tutto diventa una frenetica corsa verso i nostri obiettivi che essenzialmente scemano di significato con il tempo, con ogni realtà che poi finisce con la morte del soggetto, rendendo ogni sforzo inutile in fin dei conti. Dopo il nichilismo la nostra era non ha trovato soluzioni adeguate per vivere ed è un dato di fatto.

La risposta a tutto questo,se vogliamo trovarla viene da molto lontano, se è vero che oggi si conosce un solo modo di vivere, di riflettere, di intendere la vita e le relazioni e abbiamo un solo modo di leggere il reale, possiamo anche dire che tutte le culture precedenti (classica, medievale, arcaica, asiatica, occidentale, indiana ecc.) partivano da dei presupposti totalmente inversi rispetto a quelli del mondo europeo contemporaneo. Il punto su cui bisogna fare attenzione è la morte: di fronte alla scomparsa dei nostri cari, l’unica certezza che c’era è che la morte non è la fine di tutto, essa non rappresenta la fine dell’essere. Proprio a partire dalla speculazione razionale del reale, l’ontologia, la filosofia, le religioni, il mito, la letteratura e la cultura sono nate e hanno parlato di una realtà che era da un lato immanente, quindi visibile nel mondo, ma che dall’altro era anche irrimediabilmente trascendente. Ogni valore, per esistere, deve essere in qualche modo al di là del tempo e dello spazio, e ogni persona, per risultare piena di dignità, di significato, e per avere una propria natura è sempre stata accostata ad un panorama teologico, filosofico, culturale, ed antropologico totalmente diverso rispetto a quello contemporaneo di matrice europea. Non sfugge quindi alla nostra attenzione che la certezza della trascendenza, nel mondo buddista,islamico, cattolico, ebreo, induista e nelle varie declinazioni nuove e antiche, consente di poter rispondere alle domande più importanti che ci assillano, e la prima tra tutti è se esiste una realtà che vince la morte stessa. La risposta qui è quella di avere una certezza, che la morte non sia tutto, dove si arresta infatti il suo influsso la vita vince e si espande verso l’infinito, aprendo gli occhi dell’umanità verso un mondo totalmente rinnovato che acquista senso, significato e possibilità, proprio il fatto che la fine non sia la fine, ma solo un nuovo inizio, ha consentito a ogni persona di poter vivere la vita in un modo diverso, con una speranza che non può essere scalfita. Proprio questo fattore ci fa uscire dalla competizione darwinistica, e da senso alle nostre azioni, infatti, ogni religione, e ogni realtà culturale che non si ferma di fronte alla morte, postula un senso plausibile per le nostre azioni, per il bene e il male, e parte da una giustizia che effettivamente è possibile perchè esiste anche al di là della morte e dei nostri limiti.

La certezza che vi è una speranza, consente di colmare la fine di ogni affetto con un’altro tipo di certezza, creando un rapporto che va al di là del tempo presente , e che non spegne mai i nostri sentimenti e la concezione delle possibilità. Il cristianesimo ha basato, in collegamento con l’ebraismo tutto il suo impianto teologico su un discorso che parte al di là della morte, anche San Paolo nelle epistole è molto chiaro, così come Davide lo è nei suoi salmi. La certezza della continuità nell’universo è possibile alle categorie dei trascendenti, ma esse senza un’ente che trascende in senso formale non risultano plausibili, perchè ognuna necessita dell’altra per essere e per esserci sopratutto. Proprio tutto ciò ci riporta all’assioma teologico, che per certi versi rappresenta il principio e la fine del discorso sul reale, ma anche la prima e l’ultima speranza per ogni uomo nel mondo, ogni vita che si spegne, e ognuna che viene nel mondo, può vivere in una speranza vera proprio perchè esiste un dialogo con Lui, e quindi una possibilità che non potrà mai venir meno anche di fronte alla fine di ogni cosa nel mondo. Ogni fine sarà solo un distacco momentaneo, e dove la morte non trionfa allora ogni campo della vita si colora. L’unica certezza che tocca ogni realtà della lebenswelt, e che ci consente di aprirci alla vita, rappresenta in fin dei conti la prima realtà che è evidente nel nostro essere, è anche l’ultima che ci accompagna, che per via trascendente appartiene necessariamente a Dio e che può darci una consolazione infinita. Cercando questa dimensione, ogni gesto, ogni parola, ogni persona, ogni vita, e ogni esperienza, non sarà mai dimenticata presso Colui che tutto può.

Foto di Ray Bilcliff: https://www.pexels.com/it-it/foto/foto-di-sagoma-del-faro-1706616/

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