La vita che passa per il selphie ed i vari like

Simone D'Aurelio

(4 min. lettura)

Le generazioni si susseguono, eppure ad oggi ci ritroviamo di fronte a un primato, quello delle generazioni non solo dipendenti del giudizio altrui ma ormai schiave dei like e dei selphie. La società degli influencer, dove l’apparire è un lavoro, ed è uno status di privilegiati, non vi è più la prudenza, la soddisfazione, ma il bisogno di doversi mettere in mostra, non si vive più orientanti verso la filosofia dell’essere, e del suo incredibile mistero, bensì si propende verso la società dell’immagine, quella dove si comunica anche solo per foto e con l’aggiunta di qualche frase di condimento rimediata quà e la su Google. La nostra vita pubblica e privata ormai sono confluite insieme in un’unico livello, quello del dover documentare ogni cosa. E non si vuole più essere, ma si vuole solo apparire di fronte agli altri, anche se la nostra vita non ci piace sfoggiamo le foto dei piatti che disprezziamo, fotografiamo ogni istante intimo e ci mettiamo sopra un bel sorriso, cerchiamo di far vedere quanto siamo avventurieri e poliglotti documentando ogni viaggio e ogni vacanza, ogni novità nella nostra vita viene filmata. Vediamo ormai persone che comunicano solo con immagini e meme per lo più. Ma perchè vivere pubblicizzando la propria vita anche quando facciamo passare messaggi in contrasto con il nostro essere? Perchè abbiamo bisogno di ostentare a tutti i costi bellezza, successo,traguardi, e qualsiasi evento? Perchè conformarsi per forza a questo schema? E’ proprio necessario, è forse anche prudente che tutti sanno ogni cosa di noi? Dai video pornografici di amanti su cui poi è nato il revenge porn fino all’ossessione per i like sempre più nota al grande pubblico e che preoccupa terapeuti e medici, ci dobbiamo domandare come gestire questa tecnologia e fare in modo che non diventi da mezzo a fine della nostra vita. Ancora più preoccupante in tutto questo è vedere come ormai l’immagine è diventata contenuto e padrona incontrastata, con gli astucci della Ferragni che vanno a ruba, le infinite file nei centri commerciali per poter vedere Elettra Lamborghini, possiamo capire una cosa: che c’è una parte sostanziale di italiani, teenager o adulti che ormai ama e divinizza questo mondo, il problema non è chi vuole vivere da influencer, ma chi lo consente e porta sostegno a questo mondo. Che l’estetica sia importante non è messo in discussione, ma che i ragazzi devono prendere come modelli di riferimento persone che spesso non sanno neanche parlare bene l’italiano, e l’unica cosa che sanno trasmettere sono solo concetti di prima elementare ed eterne manifestazioni della loro fisicità vuol dire che probabilmente abbiamo perso davvero qualcosa dentro di noi. Ricordandoci di Max Pezzali: “Le facce di Vogue sono miti per noi, attori troppo belli sono gli unici eroi”, forse quei versi sono più attuali che mai, e dove prima nella tv del Cavaliere avevamo fatto sognare alle ragazze di fare le veline, perchè belle ricche e desiderate, oggi distogliamo lo sguardo rimanendo sugli stessi principi, solo anzichè sbarcare sulla tv di Berlusconi si sogna il milione di seguaci sui social. Il copione è identico la ricchezza, la popolarità, la bellezza e una vita in salute sono la chiave di volta per essere felici. Ma guardiamo le cose con calma, che i soldi, l’essere popolari e adorati, l’avere potere, forza,ed essere belli è sicuramente qualcosa che può dare momenti di felicità piccoli o grandi che siano non è in dubbio, ma da qui a dire che sono davvero tutto, e la fonte della felicità, c’è ne passa. Ci sono uomini sconosciuti, poveri, dimenticati, che a volte portano anche delle croci ma sono felici, oppure ci sono persone più felici di multimiliardari o imprenditori, nonostante non hanno il loro conto in banca, quindi come lo spieghiamo tutto questo? Alcune grandi tradizioni pongono la felicità in uno status dell’essere e non dell’apparire o dell’avere, e la storia testimonia tutto questo, dovremmo pensare di indirizzare le generazioni verso il realizzare se stessi, verso l’inseguire la strada dei principi, dell’etica, del valore, della bellezza interiore, della soddisfazione dell’essere, e non spingere solo nell’avere, per quanto sia anche normale lottare per il proprio futuro materiale esso non è la sola risposta. Perchè non dare ai ragazzi valori senza tempo che aprono alla scoperta del passato, del presente e del futuro? Una generazione impaurita, spaesata che ha perso il contatto con il tempo, ormai afferma soltanto “io sono il dio di me stesso” pensando in modo superficiale, di poter rispondere a Dio, che invece nel roveto dice “Io sono Colui che sono” risposta totalmente diversa che ci immerge nell’infinità e nella ricerca dell’Essere, nella Fonte dell’Essere. Dalla passione per l’essere alla passione per l’apparire, dalla ricerca dell’umiltà a quella del narcisismo, dove ormai la grandezza dell’uomo è misurata nel suo essersi affermato pubblicamente, dal Suv di ultima generazione al fare le vacanze in giro per il mondo pubblicate online la società del selphie non va oltre la stessa superficialità su cui egli stessa è nata, non basta documentare tutto, e neanche l’approvazione universale appagherà il nostro io, così come non saremo soddisfatti nell’avere migliaia di fans ai nostri piedi, chi ha fatto esperienze delle grandi tradizioni scopre che i modelli di riferimento non possono essere semplicemente canoni estetici, di popolarità, o economici…

Foto di Pixabay da Pexels: https://www.pexels.com/it-it/foto/icona-dell-applicazione-facebook-147413/

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