L’eclissi del sacro nella civiltà industriale

Simone D'Aurelio

(4 min. lettura)

Come spiegarci la crisi del sacro nei giorni nostri all’interno della società?

Tralasciando l’aspetto teologico (postconciliare) facciamo un’analisi sociologica.

Il saggio di Sabino Acquaviva si chiama proprio “L’eclissi del sacro nella civiltà industriale”, la prima edizione viene stampata nel 1961, oltre mezzo secolo anni fa, e il libro del professore universitario di sociologia ottiene 5 ristampe, (nel corso di oltre un ventennio). La tesi che propone con una serie di dati raccolti da altri sociologi è molto interessante: la società contemporanea (Europea per lo più) sta perdendo il contatto con il sacro. Si parte proprio analizzando il concetto di sacro, che per essere accettato dai lettori viene posto nel libro nelle basi del “radicalmente altro” quella presenza che non è il mondo, non è parte di esso, tra psicologia, conscio, inconscio ed esperienza, ci ritroviamo di fronte alla percezione unitaria e temporale di un’altra identità ontologica, dove gli uomini nel corso secoli si imbattono, tra ricerca, rappresentazioni, e speculazioni filosofiche nel corso della storia umana e nella storia delle religioni. In tutto ciò ci compare un’osservazione interessante:”La verità è che la religione, essendo, come osserva Bergson, coestensiva alla nostra esistenza, alla nostra specie, deve attenersi, e si attiene, alla nostra struttura psichica e complessiva. […]La storia delle religioni documenta l’esistenza del <<radicalmente altro>>, che si presenta come un tratto psicologico comune a tutte le esperienze sacrali […] La storia delle religione è appunto la storia dell’articolarsi dinamico delle modalità del sacro nello spazio e nel tempo, presso i vari popoli, nei diversi ambienti e nelle diverse condizioni di vita, in diversi sistemi religiosi, ma sempre in condizione di differenziazione qualitativa dal profano.” (Sabino Acquaviva, “L’eclissi del sacro nella civiltà industriale, 1981, Edizioni di Comunità, pag, 55-56-57)

Il sacro, si interfaccia col profano, l’uno e l’altro si caratterizzano proprio dai loro rispettivi limiti e dalle loro identità, un connubio necessario per definirsi, dove in quest’epoca sembra che il sacro sia in totale declino, in favore di una visione del mondo tutta profana. Una dimensione orizzontale, totalmente piatta, che però secondo il saggista (e secondo il mio punto di vista), non fa eclissare la religione, per prima cosa perchè io ribadisco che l’ateismo è pur sempre una religione, per quanto gli atei odiano tutto questo, esulare il “radicalmente altro”, esulare Dio dal discorso, alla fine porta ad ammettere in modo implicito la divinità dell’universo, ed esprimersi in termini metafisici dichiarando che il mondo è il solo e l’unico essere. Si afferma in questo modo la sua capacità di trascendere se stesso,di dare vita, informazione ed oraganizzazione, di darsi tempo forma e spazio e di autocomunicarsi un’informazione che già ha in sè in potenza. Ma al di là dell’ateismo il discorso religioso, non viene meno, alcuni moderni influencer ormai sono diventati una religione per dei ragazzi, quell’entità profana ma divinizzata. Anche il nichilista John Lennon, non era diventato un’idolo collettivo quasi religioso? Lo stesso Champman, prima di ammazzarlo sembra che lo descrivi in termini di mito dal mio punto di vista. L’adorazione, l’obbedienza, il culto, scompare dal mondo del sacro per scagliarsi probabilmente nel profano, la religiosità fisiologicamente rimane intatta, dal “dio denaro” al prius della lussuria, tolto il Dio di Israele, l’Inafferrabile,arrivano per l’uomo una serie di vitelli d’oro su cui inchinarsi, che sia il potere, il materialismo, la conquista del mondo, lo gnosticismo, l’ideologia marxista, e via discorrendo mettiamo altro nella scala del religioso. Si divinizza il profano, anestetizzando il sacro. I fan di Michael Jackson che arrivano a suicidarsi dopo la sua morte, non arrivano al gesto più estremo al mondo in nome di una popstar?

Risalendo la china, non possiamo non ammettere che la religione è una chiave imprescindibile per l’uomo, che sia l’orizzontale ateismo, il “circolare” buddismo o il cristianesimo o qualsiasi altra religione, vediamo come ognuna di esse influisce sulla cultura, sul modo di concepire il mondo, sul nostro agire, sul nostro essere, sulle nostre coscienze, sullo stato e sull’istruzione. Anche la strutturazione sociale, è influenzata dal mondo religioso, ma ciò che c’è da notare è che il discorso teologico, inoltre garantisce un’unità o una divisione: “L’indigeno è fermamente convinto che, quando verrà la sua volta di morire, la parte spirituale che è in lui finirà per ritornare al vecchio focolare alcheringa, dove e gli vivrà in comunione con i suoi antenati. Nel primitivo la coscienza di avere una personalità distinta da quella degli appartenenti al gruppo è o limitata, o addirittura inesistente. [..] In questa sintesi fra l’io e il gruppo,la vita magico-religiosa diviene il centro della vita sociale, il nesso logico che collega quasi organicamente l’individuo con i membri del gruppo.” (Ibidem pag. 138-139). Il cristianesimo è ad esempio l’unione, tra il tempo e lo spazio, è l’unione collettiva di ogni generazione e di ogni persona sotto un’agire agapico che crea un’unità indissolubile tra i membri della comunità, l’ateismo è invece totalmente diverso, la sua natura è individuale non è in grado di creare una coscienza collettiva, un’identità collettiva, e una valorizzazione delle differenze, semmai crea personalità sempre più frammentate è divise. Come ben individua Acquaviva psicanalisi e materialismo danno un’idea totalmente diversa di sessualità e di nutrizione, rispetto a quella delle grandi religioni. Nel mondo moderno l’atto è solo fisiologico e perde ogni valore e ogni significato, anche la stessa unione viene vista e vissuta come fatta di soli interessi, economici e non, che non rappresenta quel filo rosso,che scolpisce le culture, tipico delle grandi tradizioni e delle grandi religioni. Tutto ciò è nel mondo moderno un sinonimo della perdita del sacro, dallo stile di vita frenetico improntato sulla produttività e sul fare (ignorando l’agire) fino a una cultura frammentaria e totalmente impulsiva, abbiamo a che fare con un mondo che vuole essere mono livellato e che vuole vivere nel solo profano.

Foto di cottonbro da Pexels: https://www.pexels.com/it-it/foto/arte-edificio-architettura-finestra-7520734/

(link articolo pt.2)

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