Sorpassare lo scientismo

Simone D'Aurelio

(5 min. lettura)

Il pensiero postmoderno, lascia intendere a chiare lettere che la scienza va da un lato e la fede dall’altro, e che oggi essere credenti è sinonimo di stupidità, mentre virare verso lo scientismo il materialismo è sinonimo di acume e di spirito critico. Ma le cose stanno davvero così?

In realtà, possiamo vedere come il progresso scientifico si è sviluppato seguendo una precisa metafisica e una certa filosofia (quella ebrea in primis e poi quella cristiana) e che ha riformato in positivo il nostro pianeta. La desacralizzazione del mondo è partita proprio dalla matrice ebraica, da un modello filosofico, metafisico che ancora oggi è la base per la scienza stessa, ovvero esso è l’assioma da cui si può partire per qualsiasi indagine positiva e di carattere scientifico. Senza questo pensiero non c’è lo sviluppo, ed è incredibile poi vedere che le più grandi menti ed i più grandi scienziati erano credenti, da Newton (che voleva essere ricordato come teologo) a Galilei, da Enrico Fermi a Compton, da Tesla a Mecalli, da Kelvin a Volta, senza trascurare i meno cristiani e più deisti come Einstein e Planck, e moltissimi altri. Ma al di là dei tantissimi cristiani, questo pensiero ha gettato le basi per la vera ugualianza fraternità e libertà che ha rivoluzionato tutta la storia, e non solo, ha introdotto la concezione temporale lineare, anzi più propriamente vettoriale, ha fondato l’Europa ed ha dato vita a un discorso completo di famiglia e di una teologia universale, ed ha aperto a una concezione antropologica totalmente rinnovata. Esso ha anche introdotto un nuovo concetto di amore estraneo alle logiche del profitto, e del narcisismo, ove quel Dio indecifrabile soffre con noi. Proprio Lui ha invitato gli uomini di ogni tempo ha dedicarsi con amore al prossimo. Il pensiero cristiano (nato dell’ebraismo) non si ferma qui, se i concetti sono stati più volte ribaditi, i più grandi progressi scientifici e sociali, hanno a che fare con una relazione con Dio, prima di tutto ciò riguarda Galilei, e Newton ma anche tutta la concettualizzazione scientifica e filosofica del reale nel mondo: “Sarò più chiaro negli scritti di Newton, ma già in Galilei possiamo trovare l’idea che, posto il principio d’inerzia, il moto e il tempo scorrono potenzialmente all’infinito. Il moto e il tempo dunque, conducono al problema dell’infinito. In particolare il tempo, nella misura in cui è potenzialmente infinito, rinvia alla questione dell’eterno. […] la differena fondamentale, infatti tra la scienza moderna e quella medioevale consiste nella matematizzazione della realtà, la quale però è già inscritta, come si è visto, nel pensiero platonico-aristotelico e nelle sue conseguenze. La scienza moderna, sin dalle sue fondamenta, per analogia, crea un collegamento tra il tempo che è oggetto di misurazione umana e l’eterno quale attributo di Dio. In questo senso, l’eternità non è, per così dire, calata dall’alto da parte della scienza moderna, bensì è una conseguenza logica (ma dovremmo dire analogica) della stessa speculazione matematica. […] Il Dio di Galilei è un Dio matematico, che il grande scienzato italiano eredita da Copernico. […] L’eliocentrismo, per Copernico, rifletteva in maniera più adeguata la logica divina, in tal modo sarebbe stata conservata la simmetria del mondo, il nesso armonico che sono l’impronta nell’universo dell’Artefice Massimo, ossia di Dio. La medesima idea è esplicitamente espressa da Klepero, il quale opta per il modello copernicano non in virtù di prove empiriche […] bensì perchè questo modello si rivelava più consono al concetto pitagorico-platonico di ornine matematico del cosmo. […] E’ interessante osservare come nelle opere di Newton vi sia una continua commistione tra fisica e teologia. La scrittura riguardante la fisica è intrisa di annotazione teologiche e ,viceversa, gli scritti più prettamente teologici sono impregnati di fisica, come se nella mente dello scienziato inglese la teologia fosse un consequienzale approdo della fisica. Newton adopera il metodo analogico sia negli scritti di fisica sia in quelli di teologia. Per lui la struttura logico-razionale della realtà fisica rimanda a una provenienza altrettanto logico-razionale che in ultima analisi, come per Galilei, è un Dio matematico. […] Per Newton, ancora come per Galilei, la fonte delle verità logico-matematiche è la medesima rivelazione” (M. Bradley, Dall’idea che va a Dio, sentieri per una teologia razionale, Edizioni del Faro,2020, pag 118-128). Ciò che ci balza agli occhi è che “i padri” della scienza sono partiti da un dialogo con il trascendente, con l’infinito, e hanno applicato una metafisica implicita che non divinizza il mondo, anzi il presupposto per fare scienza è proprio dichiarare la contingenza dell’universo stesso per le loro scoperte, ed essere in relazione con Dio, a livello teoretico e pratico.

In tutto questo vogliamo parlare di Godel che ha dimostrato come l’universo non può autofalsificarsi? “Se l’Universo come sopra esposto, è retto da un sistema matematico, allora gli si può applicare il sistema d’incompletezza di Kurt Godel che recita: <<esistono proporzioni matematicamente vere che non potranno mai essere dimostrate a meno di non urscire dal sistema>>. In altre parole, il sistema universo non può trovare il significato in se stesso, nello spazio tempo fatto di materia ed energia, ma deve necessariamente riferirsi a una causa esterna, a qualcosa di totalemente altro” (Gualtiero Buchi, La scienza: una strada verso Dio?” Edizioni del Faro, 2017, pag 44). Ma le cose non finiscono qui come nota lo stesso Bradley nel suo saggio la fisica (compresa la quantistica) parte da una una premessa metafisica che rimanda al mondo ebraico-cristiano: “La fisica, dal canto suo, coglie l’ente nella determonazione della misurabilità e nulla dice, nè intende dire, del divino. Tuttavia, analogicamnete, la fisica stessa pone potenzialmente il divino come problema e offre degli strumenti (analogici) per la sua pensabilità razionale. La fisica stessa è pensabile soltanto alla luce del nesso di razionale e reale, nesso che è condizione di possibilità della misurazione dell’ente non solo come calcolo e predizione, ma anche come determinazione (si pensi al collasso dallo stato d’onda a quello particellare della fisica quantistica). (M. Bradley, Dall’idea che va a Dio, sentieri per una teologia razionale, Edizioni del Faro,2020, pag 164). Per andare oltre vogliamo parlare del tempo di Einstein? “Lo spazio-tempo è un’unico costrutto. Volente o nolente, ribaltando la concezione newtoniana, anche Einstein, interrogandosi sulla natura del tempo, è dentro la questione metafisica. E anch’egli, non diversamente da Newton pensa il tempo in relazione all’altro da sè. […] Il tempo einsteniano assume lo statuto ontologico di un accadere. Esso è un evento che accade in relazione alla velocità del mondo di un corpo e alla gravità. […] Tempo è relazione, si manifesta sulla base della relazione, così in Galilei, in Newton e in Einstein. […] Il tempo sembra provenire da un campo di possibilità che prendono concretamento l’una o l’altra forma a seconda del darsi della velocità e della gravità. Si ripresenta, sotto veste nuova, la questione dell’apparire degli enti a partire da uno sfondo oscuro fatto di possibilità di determinazioni e, assiame a questo fondo di possibili, s’intravede l’eterno. (ibidem, pag 134-135).

Foto di Chokniti Khongchum: https://www.pexels.com/it-it/foto/fotografia-di-messa-a-fuoco-poco-profonda-del-microscopio-2280547/

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