Aborto e diritto alla vita pt.3

Simone D'Aurelio

(4 min. lettura)

(Discorso tenuto da Manuel Berardinucci il 5/11/2022 presso le parrocchie di Martinsicuro S. Cuore di Gesù e Madre Teresa di Calcutta)

In secondo luogo una democrazia cattolica non è una democrazia in cui, a maggioranza popolare, vengono preservati i valori cosiddetti “bioetici”. In questo modo il magistero sociale cattolico si vedrebbe ridotto a guida morale di un solo ambito della vita sociale, mentre la legge naturale e quella divina, insegnate nei millenni dalla Chiesa Cattolica si applicano indistintamente a tutti gli aspetti della società. Una democrazia che, ad esempio, vietasse l’aborto, la sodomia e il divorzio, ma consentisse una spropositata pressione fiscale non potrebbe comunque dirsi cattolica, giacché Leone XIII, nella Rerum Novarum, dando applicazione concreta e sociale al comandamento che impone di non rubare, sentenziò: “La privata proprietà non venga oppressa da imposte eccessive. È ingiustizia ed inumanità esigere dai privati più del dovuto sotto pretesto di imposte.” Ed infine una democrazia cattolica non è quella che decide di conferirsi il cattolicesimo come religione di stato, giacché sarebbe pur sempre il primato dello Stato a prevalere, utilizzando il pubblico culto come strumento identitario e politico. Una democrazia cattolica è innanzitutto una democrazia limitata nei propri poteri. Il senso del limite e del determinato è una virtù del buon cattolico, e così deve esserlo della buona democrazia. In essa l’uomo non si trasforma in Uomo-Dio che relativizza il bene e il male, di volta in volta ridefiniti sulla base della conta dei voti, come accade nella democrazia moderna; processo, quest’ultimo, magistralmente dipinto da Gòmez Davila: “La democrazia è una religione antropoteista. Il suo principio è un’opzione di carattere religioso, un atto per il quale l’uomo assume l’uomo come Dio. La sua dottrina è una teologia dell’uomo Dio; la sua pratica è la realizzazione del principio in comportamenti, in istituzioni, e in opere. La divinità che la democrazia attribuisce all’uomo non è figura retorica, immagine poetica, iperbole innocente infine, bensì definizione teologica in senso stretto. La democrazia ci proclama con eloquenza, e usando un lessico vago, l’eminente dignità dell’uomo, la nobiltà del suo destino o della sua origine, il suo predominio intellettuale sull’universo della materia e dell’istinto. L’antropologia democratica tratta di un essere a cui convengono gli attributi classici di Dio.” .

Al contrario, nella democrazia cattolica, la legge naturale e quella divina costituiscono una barriera invalicabile oltre la quale nessuna maggioranza potrà ergere il proprio orgoglio riformatore. Le deboli costituzioni democratiche, da quelle più flessibili a quelle più “rigide”, hanno dato ampiamente una storica prova della loro inaffidabilità. Dopotutto perché un testo scritto un certo numero di decenni fa, da una maggioranza o da una cerchia di uomini, dovrebbe costituire un limite inderogabile alla volontà di una maggioranza, o di una cerchia, di uomini vivi ed operanti nell’oggi? Altro è, invece, doversi attenere a quelle leggi inscritte nel cuore degli uomini, sintetizzate nel decalogo, insegnate e preservate dalla Chiesa Cattolica, ricavabili e deducibili dall’esperienza, dalla Tradizione e dalla mera osservazione logica della realtà naturale. Scriveva de Joseph Maistre nel suo “Saggio sul principio generatore delle costituzioni e delle altre istituzioni umane”:

Uno dei grandi errori di un secolo che li professò tutti [il 1700], fu di credere che una costituzione politica potesse essere scritta e creata a priori, mentre ragione ed esperienza si uniscono per dimostrare che una costituzione è un’opera divina e che proprio ciò che vi è di più fondamentale e di più essenzialmente costituzionale nelle leggi di una nazione non potrebbe mai essere scritto. (…) Si è spesso creduto di fare dello spirito di ottima lega domandando ai francesi in che libro fosse scritta la legge salica; ma Jéróme Bignon rispondeva molto a tono, e forse senza neanche immaginare fino a che punto avesse ragione, che essa era scritta nei cuori dei francesi.” In altre parole, una democrazia cattolica è tale se non riconosce suprema sovranità al popolo, ma se consente a questo di esercitarla “nelle forme e nei limiti”, non di discutibili carte frutto dell’elaborato di altri uominima della Realtà intesa alla maniera aristotelico-tomista, ovvero come dato ontologico e determinante dell’essere di ogni oggetto.

Insomma la battaglia non può essere solo giuridico-normativa, ma sociale, culturale e spirituale. Ognuno di noi è chiamato a rendere pubblica testimonianza della verità, a fare il proprio dovere nell’ambito che la Provvidenza gli ha assegnato e soprattutto a confidare nel Cielo che non fa mai mancare il proprio aiuto a chi per esso combatte e nello specifico della buona battaglia contro l’aborto, oltre a Nostro Signore Re delle Nazioni e alla Sua Santissima Madre, Madre per eccellenza, rivolgiamo le nostre preghiere ai Santi Luigi e Zelia Guerin, genitori di Santa Teresina da Lisieux, così eroici nell’aprirsi fedelmente alla vita, a Santa Gianna Berretta Molla che scelse di morire pur non di sperimentare cure contro il suo tumore all’utero che avrebbero potuto danneggiare il figlio che portava in grembo, o San Pio da Pietralcina, che sull’aborto spese parole santamente infuocate.

La forza di questi Santi e di tutto il magistero perenne della Chiesa Cattolica, sia il nostro bastone nella buona battaglia.

Foto di Jonathan Borba da Pexels: https://www.pexels.com/it-it/foto/mano-d-uomo-sulla-pancia-della-donna-incinta-3369497/

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