Il dramma dell’illuminismo

Simone D'Aurelio

(5 min. lettura)

Quello che sentiamo dire da alcuni filosofi, poeti e letterati del nostro tempo è che il nostro modo di ragionare nelle sue parti errate, e dannose proviene dal mondo medievale, e che esso è uno spirito di aporia, o di acatalessia da cui bisogna liberarsi, che non ci arriva a far comprendere in modo adeguato il reale.

Su YouTube, troviamo anche qualche video di Umberto Galimberti che paragona il nostro modo di pensare il tempo a quello cattolico, dicendo che la sua eredità è nel passato da dimenticare, nel futuro radioso e in un presente da costruire; eppure lui è molti altri non vedono che i limiti e questi modi di pensare provengono tutti dall’illuminismo e non dal mondo cattolico!

C’è da comprendere che la società di oggi, nel nostro presente, è intrinsecamente illuminista, e su questa base possiamo comprendere e interpretare adeguatamente il presente e il mondo postmoderno.

Solo trovando la chiave di volta giusta si possono spiegare le derive del capitalismo, l’alienazione contemporanea, le follie politiche, e la grande eclissi di valori, e di umanità che è ancorata al nostro tempo, proprio per questo va fatto notare a Galimberti che il cattolico non disprezza il suo passato, o non lo vede in maniera tetra, anzi il modo di ragionare del mondo religioso e delle grandi tradizioni (orientali e occidentali) è collegato al passato ma in maniera positiva dato che esso è un tassello fondamentale che lega anche al presente e al futuro. Tutto questo è stato magistralmente spiegato dal più grande studioso di religioni del 900’, Mircea Eliade, nel suo libro “Il mito dell’eterno ritorno”. Mi permetto di far notare invece che il marxismo di derivazione illumista trae le sue radici dal disprezzo del passato, così come il positivismo, che a loro volta vivono grazie al secolo dei lumi, e che insieme a quest’ultimo promettono un futuro radioso per l’uomo, che mai si avvera, ma che porta invece a milioni di morti (dal Terrore della rivoluzione francese ai cento milioni di morti compiuti per la “promessa” escatologica, di ordine marxista”).

Il passato oscuro e da dimenticare che vive ancora oggi, nella cultura contemporanea, sotto moltissime prospettive, è frutto del secolo “dei lumi”, che ha voluto spegnere e distruggere qualsiasi eredità, snobbando tutta la grande filosofia scolastica, tutte le discussioni sull’essere, sulla verità e sull’etica, e su un modo di decifrare e di interpretare il reale che aveva creato una società organica e che era in grado di rispondere ai bisogni interiori dell’uomo, verso la realizzazione di sé, e del proprio essere, affrontando le domande di tipo pneumatico che portiamo sempre con noi indipendentemente dal nostro status sociale, dalla nostra ricchezza o dalla cultura di appartenenza.

Anche Maslow, in età contemporanea, dopo aver decifrato i bisogni imminenti dell’uomo ha visto che ci proiettiamo verso la sfera dell’essere, con ulteriori richieste che provengono dalla dimensione psicologica, ma possiamo dire ovviamente anche spirituale e ontologica dell’uomo se guardiamo ad esso in chiave filosofica in concomitanza con le sue tesi.

In tutto questo il mondo degli illuministi, ignora totalmente l’ontologia moderna con i suoi più grandi interpreti, e si rinchiude in un mondo filosofico e teologico sui generis, che poi diventerà sempre più fallimentare e autolesionista, passando dal “grande architetto” al Grande Fratello (orwelliano, e culturale). Proprio la storia del nostro presente prende le sue basi (e tutti i suoi problemi) da Kant, dove tutta la realtà si rinchiude all’interno del fenomeno, e perso il noumeno siamo incapaci di rendere conto di ciò che circonda, questo è un limite filosofico, e la sua digressione (o evoluzione negativa) oggi ci porta nel woke, nella cancel culture, dove neanche il fenomeno in sé per sé ha una valenza, se in epoca moderna infatti con loro vengono cancellati le basi per poter spiegare il reale, in epoca contemporanea lo stesso reale è indifferente, conta solo il mio pensiero. La tesi kantiana, incompleta, criticata, incoerente e poco lucida, proviene da una conoscenza sulla metafisica parziale e anche viziata, e da una scarsa attitudine per i problemi posti dalla filosofia medievale, e dai suoi predecessori: detto in parole povere Kant si ispira al suo mentore Wolff, e facendo ballare il mondo sulle note della Critica della Ragion pura (e anche della Ragion Pratica), arriva a far rinchiudere tutta l’esistenza dell’uomo all’interno di un pensiero inconcludente freddo e sterile che ormai non ha più la forza di rispondere a delle domande su Dio in modo convincente, e anche sull’etica, sui nostri fini e quindi sull’agire.

La crisi filosofica non può stupire nessuno se lui è il nostro assioma di riferimento per tutti gli studenti e per tutti gli insegnati degli ultimi decenni. Così come la crisi teologica è collegata a lui (Rahner si ispira palesemente a Kant), anche la crisi umana e collegata a questo pensiero, e a poco valgono le giuste critiche su un testo che mostra tutti i suoi limiti epistemiologici, filosofici, logici, metafisici e teologici: nonostante le dovute analisi di giganti del pensiero contemporaneo come Antonio Livi, Claude Tresmontant, Piero di Vona e moltissimi altri, il leitmotiv del nostro pensare e la società stessa si basa ancora sulla “critica della ragion pura”.

Basta guardare la vittoria del pragmatismo, della tecnica, del mondo economico, e della finanza per capire che il sogno di questi “illuminati” si è compiuto, infatti per Kant il reale non è da comprendere, o da decifrare, e non svolge alcuna funzione vitale per il nostro intelletto: bensì è la nostra mente che fa tutto. La sua concezione è condizionata dalla scienza determinista del tempo, che è stata ampiamente superata oggi dai problemi della fisica e della scienza moderna. Dalla base schematica di Kant si arriva facilmente al pensiero che il reale non porta nulla con sé,e si introduce la filosofia gnostica in omolgia a quanto detto, tanto che tutto ciò che ci circonda diventa solo uno strumento da piegare per arrivare a essere felici, e la nascita del capitalismo rampante, la vittoria dell’economia che piega tutto, e lo strapotere della tecnica deriva da tutto questo. Non importa se esiste una verità, se esiste bene e male,o se vi è un senso o un fine, o qualche strada per potersi realizzare ontologicamente, importa solo se ciò che fai ha dei risultati constatabili, e che producono effetti misurabili, questa nel mondo moderno è la strada del successo e della salvezza. E’ totalmente inutile che poi il professore ci dice di trattare il prossimo come fine e non come mezzo, perché i fini ci riportano alla metafisica e alle grandi domande del mondo classico come aveva capito Dostoevskij, mettendo sotto scacco il nichilismo di quei tempi e portando fino in fondo il discorso fenomenologico. E se Kant “ripudia” la metafisica a causa di un discorso errato (come ha notato anche Bonaiuti, Kalinowski e Gilson) allora è chiaro che non ci può essere altro che la vittoria dell’inconcludente pragmatismo, e del materialismo sullo spirito dell’uomo, perché la crisi umana, è collegata a una crisi di un pensiero che nei secoli diventa sempre più impotente e distante da qualsiasi interpretazione vera e razionale del reale. Maledetto illuminismo.

Foto di Gantas Vaičiulėnas: https://www.pexels.com/it-it/foto/lanterna-a-candela-nera-2383307/

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