Tra società, valori e religione

Simone D'Aurelio

(2 min. lettura)

Se nel precedente articolo ho mostrato come la scienza dialoga e si sviluppa in relazione con Dio, in questa breve analisi vorrei mostrare come anche i valori fondanti della società devono appoggiarsi alla religione. Se infatti Kolakoski ha dimostrato che senza Dio non si può accedere alla verità, dobbiamo aggiungere che la rinuncia alla trascendenza porta anche alla perdita di ogni valore possibile. Possiamo infatti vedere come ciò che forma la cultura, e di conseguenza anche la società sono: lingua,abitudini,tecniche e valori: “Dei quattro fattori suddetti il più importante e decisivo per la caratterizzazione di una cultura sono i valori: sono essi a conferire unita e consistenza ad una cultura. […] Tutte le espressioni culturali d’un popolo (politica,arte,diritto, religione,morale,educazione, ecc.) fanno capo ad un unico principio, che è il valore primario, fondamentale che una cultura intende incarnare e coltivare. […] Questa verità (della centralità d’un valore) giustifica gli sforzi di quegli storici […] di cogliere il senso delle varie epoche della storia, dall’ascesa alla decadenza delle nazioni […] Come risulta dalle indagini degli antropologi culturali non c’è mai stata nessuna cultura senza religione e questo non per un motivo contingente, ma in forza di un rapporto vitale che lega la religione a quel pilastro portante della cultura che sono i valori. La religione ha la funzione di garantire un solido fondamento ai valori. I valori, l’abbiamo visto, sono mete che assicurano un orientamento alla vita umana. Perciò stanno essenzialmente al di sopra dell’uomo. Sono trascendenti. Ma per essere veramente tali essi devono trarre origine da quell’unica realtà veramente trascendente che è Dio. Questo è l’insegnamento comune di tutte le religioni, come mostrano gli antropologi. Nelle culture tradizionali l’origine religiosa dei valori della coscienza morale è un fatto universalmente ammesso [..] In tutte le culture tradizionali, sia quelle passate sia quelle presenti, la religione è sempre presente come componente primaria, centrale e pervasiva di qualsiasi attività (diritto, politica, lavoro, filosofia, gioco ecc.) ha indotto molti autorevoli antropologi, sociologi e filosofi a sostenere la tesi che la religione non è affatto una struttura secondaria, una sovrastruttura della società (come pretendeva Marx) nè un epifenomeno culturale, bensì una dimensione essenziale, perchè non si può dare cultura senza religione. […] Marx Weber il padre della sociologia moderna, mette la religione al centro della sua teoria della cultura e della società. […] La religione costituisce la matrice del significato e il sostegno dei valori.” (L’ateismo natura e cause, Editrice Massimo, 1986, AA. VV. a cura di Gianbattista Modin, pag. 114,115,116).

Se quindi il fare, l’agire, la legislazione, il commercio, gli scambi e le relazioni nella società sono regolati dai valori, da un certo nesso con la verità, e da un rapporto con la concezione di giustizia come possiamo edificare una società che pretende di ergersi dal nulla e di tornare nel nulla? O che vuole vivere solo di accordi esistenziali? Come può vivere e sopravviere una società senza nessun legame con la trascendenza che quindi non ha passato, non ha futuro, non ha essere e neanche divenire ma vive solo nell’autoreferenzialità? E con quale criterio di validità può essere giustificata e validata a livello metafisico ed esistenziale, se essa non ha nessun metro di riferimento se non se stessa?

Foto di Pixabay: https://www.pexels.com/it-it/foto/uomo-che-trasportano-giogo-con-chicchi-di-riso-235731/

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