Fede vs ragione

Simone D'Aurelio

(3 min. lettura)

Nel mondo post moderno, oltre a opporre fede e scienza ma anche creazione ed evoluzione e maschio e femmina, c’è anche il falso mito di opporre fede e ragione. Esse sono concepite come due elementi in contrasto, che la fede sia come un salto Kierkegaardiano, un buttarsi nel vuoto, e che la ragione invece sia il sinonimo di scienza, chi ha ragione insomma è solo colui che vive nel processo scientifico. Anche qui la mentalità postmoderna prende un granchio: fede e ragione si richiamano a vicenda, vi è un rapporto circolare, non sono in contrasto tra di loro come il mainstream vuole farci credere. L’uomo è fatto per credere, ma per credere su base razionale, in quel caso la fede è giustificata e necessaria. Perchè almeno nell’ambito filosofico cristiano la fede è supportata dalla ragione, anzi è la stessa ragione che richiede la fede. Quella “fede” cieca che viene opposta alla ragione non può esistere nel cristianesimo, e quella non è neanche fede, una fede che è priva di ragione è fideismo. Il cristianesimo porta con sé e ha in sé elementi logici razionali, filosofici, scientifici e metafisici che enunciano la sua solida base razionale , il fideismo nel cristianesimo non esiste a differenza di altre religioni. Il mettere contro la fede e la ragione in un ambito cristiano è creare un falso mito inesistente. Per capire tutto questo dobbiamo partire indietro, dalle radici del cristianesimo, dobbiamo guardare all’ebraismo. Chi ha studiato la storia degli ebrei sa che questi si sono convertiti su base razionale: la Torah, il rapporto con i profeti, il loro atteggiamento totalmente diverso da quello del mondo lontano e circostante, il loro distacco dal feticismo dell’universo è la storia di un popolo che si è convertito ragionando e di un popolo che sulla base di segni, sulla base di una serie di fatti concreti e incisi nella storia ha espresso una chiara visione del mondo e della teologia. Il popolo ebreo segue una serie di comandi e prescrizioni vedendo che essi sono frutto dell’esperienza della nostra ragione, sono comandi razionali, è un codice fatto per l’uomo, è un popolo che ha fatto esperienza di Dio. “La fede senza ragione è cieca, poiché il Signore non ha dato altra facoltà di conoscere la verità che la ragione, e rischia di corrompersi in superstizione. La ragione senza la fede rischia di elevarsi a misura suprema della realtà, o di rifiutarsi a porre le domande che sole meritano un interesse supremo, lasciando l’uomo in balia del potere e della fortuna, del caso e di un destino senza senso.” (Carlo Caffarra, Cercare Dio, Marcianum Press, 2014, pp. 53-54). Inutile girarci intorno, abbiamo l’esempio degli illuministi da “la ragione che può tutto”, a “la ragione non può nulla” dettata dai solipsisti di oggi. Siamo passati, insomma, da un periodo di supervalutazione della ragione (illuminismo) a un periodo di supersvalutazione (postivismo ecc.). La ragione trova la sua connaturalità, nel leggere cosa vi è nella realtà: “Ribadisco: la parola “intelligenza” viene dal latino intus-legit che significa “leggere dentro”. L’intelligenza, pertanto, implica non una conoscenza superficiale ma una conoscenza dentro la realtà” (Corrado Gnerre, Qual’è la vera fede cattolica?, Fede e cultura, 2012, p. 43), possiamo avere infinite nozioni tecniche ma la ragione è fatta per comprendere nella realtà. La vera ragione è lettura della realtà, e la vera fede è prima di tutto dimostrabile, perché essa è il risultato speculativo, degli eventi storici, della realtà, e delle scienze. L’esistenza di Dio è dimostrabile e razionale, lo stesso processo è anche necessario per quanto riguarda la sua Rivelazione. La fede cristiana, a differenza della Chiesa luterana, non decide di staccare la fede dalla ragione, bensì di vivere nel dualismo fides et ratio.

Foto di Jonathan Borba da Pexels

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