Il padre, la colonna portante della famiglia pt.2

Simone D'Aurelio

(4 min. lettura)

(link articolo parte 1)

Il ruolo del padre è quello anche dell’ordine, è la prima guida, il primo maestro, il primo riferimento, chiuccide il padre” interrompe la trasmissione e l’eredità, ed ha già chiuso con il futuro, con se stesso e con il presente. Un caro sacerdote del mio paese, sapeva ben spiegare la parabola di Cristo,che ci chiede di diventare bambini per entrare nel Regno dei cieli, diceva infatti che quel tornare bambini non è sinonimo di purezza assoluta, il bambino fa i capricci, si arrabbia, e non è neanche un vivere nell’eterna nostalgia, nel pensare che il mondo dell’infanzia sia tutto fatato, ma c’è una caratteristica del bambino che è collegata alla figura del padre: la sua dipendenza, il bambino è attaccato al Padre alla sua parola, il bambino guarda il Padre,si rifà ai Suoi insegnamenti, non è ne un’autodidatta nè un’anarchico, è colui che cresce sulle orme del Padre. Ancora di più su questo Tresmontant, analizza bene la cosa, aggiungendo altri aspetti: “Come dobbiamo intendere questo privilegio ontologico dell’infanzia insegnato dal rabbi? Che cosa significa? A noi pare che come sempre, per ben intenderlo, sia necessario rifarci alla prospettiva biblica della creazione. Il fanciullo è un essere appena creato da Dio, non ancora invecchiato, non ancora guastato nè deteriorato. I suoi istinti sono ancora potenti. Il suo senso della verità e della giustizia non è ancora adulterato. Egli non ha ancora ceduto e non si è ancora compromesso. Non si è ancora arreso. Non è ancora stanco della vita. Non è ancora schiacciato da quella invincibile tristezza che opprime certi adulti. Egli è ancora vicino alla fonte e più di chiunque altro è idoneo a comprendere l’insegnamento che viene dalla fonte dell’essere. […] Il bambino è una freschissima creazione che esce dalle mani del Creatore e che non ha ancora avuto il tempo di guastarsi.” (L’insegnamento di Jeshua di Nazaret, Claude Tresmontant, Edizioni Paoline, 1971, Pag. 103) E ancora sempre il grande filosofo francese “Ai suoi discepoli inviati Jeshua insegna come devono comportarsi nell’opera che dovranno compiere e che consiste nel comunicare all’umanità l’insegnamento che viene da lui. Non come i <<maestri>> e i padroni di questo mondo, i quali vogliono dominare ed esercitare la volontà di potere, ma come fanciulli che semplicemente trasmettono ciò che hanno ricevuto” (ibidem pag. 219), aggiungiamo oltre a ciò “Il regno di Dio è per coloro che assomigliano in tutto ai bambini e capiscono ciò che i saggi e gli istruiti non capiscono più” (L’intelligenza di fronte a Dio, Jaca Book, Claude Tresmontant, 1981, pag. 98) tutto questo implica un rapporto padre/figlio, il figlio è disposto ad apprendere, si riconosce come una tavola su cui c’è ancora bisogno di scrivere, è alla ricerca degli insegnamenti, non è superbo perchè riconosce l’autorità del Padre, il figlio è predisposto all’ascolto, non è chiuso in sè piuttosto cerca il rapporto con il Padre. Come si può notare la Tradizione cristiana, e molte altre grandi tradizioni danno importanza vitale al ruolo del padre, ma non solo, una visione metafisica, che porta in sè lo spirito religioso riconosce nel padre una dignità e un’importante ruolo. Oltre a questo è importante vedere come nel rapporto con il padre il figlio riconosce se stesso e gli altri, il padre terreno fa da ordinatore, e autorità tra i fratelli, è anche parte del legame tra i figli, ma non solo, la concezione del Padre (celeste) da vita a un’antropologia, e a una concezione di bene e male, e via discorrendo, l’ateismo che ha sua volta nega il Padre, la tradizione, e la paternità da vita a una particolare concezione di destino, idem il concepimento dell’umanità ecc ecc. Il padre rimane una figura indispensabile per i figli, se il padre è il solo peso morto freudiano allora i figli saranno già maestri, non si riconosceranno, e non avranno nessun tipo di rapporto se non uno relativo che è innestato nel mondo e nel mondo finisce. Il rapporto tra padre e figlio terreni non è solo un solo accompagnamento verso l’autonomia, o un far concorrere verso i propri obiettivi, il rapporto padre figlio è un legame, che ci accompagna per tutta la vita, implica una trasmissione di vita, di cuore, di esperienza, di tradizione. Una generazione di ribelli, post-marxisti, figli dei radical chic, difficilmente può riconoscere nel proprio padre una figura, Marx aveva seri problemi con tutto ciò che veniva dal passato, i “compagni” hanno ripudiato il passato, e ammazzato il presente in nome di un futuro migliore mai arrivato, al di là delle condizioni in cui si è applicato il comunismo e delle diverse modalità, esso ha portato con sè sempre gli stessi effetti: “Qualcuno ha aggiunto: << anche le statue muoiono>>, e in fondo servono perchè ogni generazione le abbatta per liberarsi da totem e tabù. E’ la trasposizione del parricidio rituale,: devi uccidere tuo padre se vuoi diventare adulto. […] E poi, se come diceva Marx, le idee dominanti sono le idee della classe dominante, pure le statue riflettono e consacrano una dominazione. I vincitori e i dominatori impongono le loro idee e i loro monumenti. Se mutano i dominatori, mutano anche i riferimenti simbolici e ideali. La premessa implicita di ambedue le tesi è che la tradizione non serva e non valga, che la continuità sia da infrangere e i simboli di una civiltà vadano processati confutati e cambiati. Non ci sono punti fermi, la storia non è più giustificatrice, come pensava Croce, ma giustiziera: anzi, è giustiziata. […] La storia non è più magistra vitae ma la vita è magistra historiae, ovvero è l’oggi che insegna al passato come avrebbe dovuto comportarsi.” (Marcello Veneziani, La cappa, Marsilio Nodi, 2022, pag. 77-78).

Foto di Josh Willink: https://www.pexels.com/it-it/foto/uomo-che-porta-il-bambino-vicino-al-lago-1157387/

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