Ma per cosa lavorano le scienze?

Simone D'Aurelio

(4 min lettura)

Per prima cosa vediamo che le scienze sono tra loro collegate, nessuna prevalica l’altra, e tutte si supportano a vicenda. La filosofia non può fare scienza e la scienza non si può mettere nei panni della filosofia seppure si appoggiano l’uno all’altra, così come la storia si appoggia all’archeologia e viceversa, insomma tra le materie vi è un collegamento trasversale e ognuna di esse ha i suoi limiti e il suo raggio di azione, e i suoi metodi di approccio. Per quanto riguarda però la maggior parte delle scienze, si vede che esse sono accomunate da una sottile linea rossa, infatti la filosofia, la storia, la fisica, la cosmologia, la logica, ed altre materie portano a un richiamo metafisico e a una teologia. Ovvero come dice bene Tresmontant: “Che lo sappiano o no, tutti gli scienziati del mondo lavorano per il teologo che si sforza di scrutare il senso e i procedimenti della creazione ancora incompiuta” (Claude Tresmontant, Cristianesimo, filosofia, scienza, Jaca Book, 1983, p. 267). Perché la fisica, insieme alla logica, alle scienze naturali, allo studio della cosmologia, e insieme alla filosofia, apre alla metafisica. Per essere più precisi a gran voce tutte queste materie aprono a un principio metafisico ben preciso: quello che l’universo non è l’unico essere, che Dio è dimostrabile a partire dalla creazione, dalle scienze, dalla ragione, e dall’esperienza logica. Ogni volta che la scienza progredisce e fa importanti scoperte, amplia la propria conoscenza ma non solo: apre anche a un collegamento tra fenomeno e noumeno, tra il creato e il creatore, semplicemente perché da sempre la scienza sperimentale desacralizza l’universo e pone l’ateismo come impensabile in modo corretto, come impossibile per via dei suoi stessi principi. La scienza mostra come la macroevoluzione è irrazionale, come l’evoluzione richiama la creazione , la stessa cosmologia mostra come l’ateismo e il panteismo sono inconcepibili razionalmente per via dei loro stessi principi. Le scienze non sono solo fine a se stesse, non sono fatte per annegare nel fenomeno, per vivere una ragion chiusa kantiana, esse aprono in maniera diretta o indiretta a riflessioni e speculazioni a partire dai loro risultati. Si parte da dei principi base per cui si arriva a conclusioni verso cui alcune scienze (che accettano il reale), aprono tutte in modo unanime a Dio ed a una precisa metafisica: “Se l’universo ha avuto inizio, non è tutto l’essere o la totalità dell’essere. Se l’universo ha incominciato, in questo caso non è il solo essere e necessariamente ne esiste un altro, il quale non ha avuto inizio. Perché? Si parte da un semplice principio o da un’evidenza, oltre la quale non si può risalire. Nessuno contesta, né può contestare l’evidenza principale: dal nulla assoluto o dalla negazione di ogni essere, qualunque esso sia, nessun essere può sorgere. Se  c’è stato il nulla assoluto in un dato momento, se si può dire così, poiché nel nulla non esiste durata, se c’è mai stato il nulla assoluto, in tal caso il nulla assoluto sarà per sempre. L’essere non può uscire dal nulla. […] Qualche essere è necessario. Qualche essere è eterno. Qualche essere esiste dall’eternità, poiché il nulla assoluto è impossibile, e lo riconosciamo impossibile a causa del fatto che oggi c’è qualche essere che conosciamo nella nostra esperienza. Ma chi è dunque, quest’essere necessario ed eterno, che non può essere preceduto dal nulla? […] Ora l’universo ha avuto inizio ce lo insegna la fisica cosmica. […] Di conseguenza l’universo non è l’essere in quanto tale, il solo essere, l’essere assoluto o l’essere necessario.” ( Claude Tresmontant, Cristianesimo, filosofia, scienza, Jaca Book, 1983, pp. 57-58). In questo caso la scienza non si ferma solo a se stessa, essa conferma una tesi, che riguarda la metafisica ebraico-cristiana, una tesi filosofica e necessaria per spiegare lo stesso fenomeno, o almeno perchè vi è il fenomeno anziché no. Le materie non lavorano quindi in maniera soltanto solipsista, non solo sono fine a se stesse, esse nella loro scienza si riagganciano anche ai loro principi, e ai principi fisici/metafisici e razionali a cui sono collegati. Partendo da ciò possiamo osservare anche altro: l’universo è in crescita di informazione e in degradazione, esso è anche in evoluzione, sono tutti elementi che denotano che esso è un essere contingente e non necessario. Le stesse scienze ci mostrano che l’universo ha un’età, e va invecchiando, esso come tutti noi ha una vita “biologica”, esso inoltre: “è un sistema il quale col tempo diventa sempre più ricco di informazione e questo sistema non può arricchirsi da solo, non può dare a se stesso ricchezze di informazione non avendole avute prima, bisogna quindi riconoscere che le riceve” (Claude Tresmontant, Cristianesimo, filosofia, scienza, Jaca Book, 1983, p. 51); questo implica che chi studia le ricchezze dell’universo, chi studia la bellezza che c’è in esso, chi osserva l’ordine che vi è, non solo approfondisce la realtà conosciuta, ma porta al centro di esso un richiamo. Viene messo a fuoco che il più non può venire dal meno, che l’ordine non può nascere dal caos, che l’intelligenza non può nascere dalla non intelligenza. Chi lavora per la scienza, lavora indirettamente anche per una testimonianza verso la creazione, verso l’unico principio necessario e collegato per il quale è possibile che ci sia il reale e che possa essere svelato, chi guarda ad oggi l’evoluzione può vedere che questa non può auto-attuarsi, non può sussistere, essa ha bisogno di una base, chi studia il mondo oggi si ritrova anche davanti agli occhi un richiamo verso un principio logico indiscutibile su cui si fonda la metafisica ebraico-cristiana

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